8 marzo: un giorno che di festivo ha ben poco
Un po’ come l’atavica questione dell’uovo e della gallina, questo giorno, l’8 marzo, deve alla sua esistenza molteplici e nessuna motivazione. Nessuna fabbrica andรฒ in fiamme a New York l’8 marzo del 1908. Le donne immigrate italiane morirono in una fabbrica nel 1911, ma era il 25 marzo. Non a New York, ma nell’Est Europa.
Neppure la leggenda della repressione di una manifestazione sindacale di operaie tessili รจ il fondamento di questa giornata. Questa giornata nacque negli Usa, nel 1909, dall’allora Partito socialista per invitare le donne a una manifestazione per il diritto al voto femminile. Quelle che siano o no le origini di questa giornata, ciรฒ che conta รจ cosa ne รจ stato fatto di una giornata simbolo. Simbolo sรฌ, ma di cosa? L’8 marzo, Women’s day, cosรฌ denominato a livello internazionale, รจ una giornata internazionale per i diritti delle donne istituita di recente. Le Nazioni Unite scelsero questa giornata soltanto tra il 1975 e il ’77.
Un giorno per parlare, per fare il punto, per raccontare dei diritti delle donne. Tuttavia, negli anni, il problema si รจ nascosto sotto al tappeto. La mimosa scelta da Teresa Mattei, Rita Montagnana e Teresa Noce รจ divenuto uno spettro. Quel fiore a basso costo รจ divenuto il mezzo con il cui polline si รจ alimentata una vaghezza di sensi. Una giornata di memoria tramutata in una festa, dove l’obiettivo รจ regalare dei fiori, fare gli auguri. Dare occasione a tante aziende di esaltare le donne, in questa giornata in cui devono essere viziate, coccolate, raccontate come eroine. Ma quando รจ scaduto il tempo dell’algoritmo dei social, si ritorna a sottopagarle, a non dar loro il posto che meritano. Finanche a negar loro dei diritti. Quel polline, dunque, a lungo termine causa allergia e starnuto dopo starnuto va ricordato, forse nuovamente insegnato, che no, l’8 marzo non รจ una giornata di festa, ma di memoria.
8 marzo, prima delle mimose, parliamo di diritti
In questo giorno, dovremmo dimenticare i fiori, le carinerie, le cene e, soprattutto, i discorsi in cui si inneggia al potere femminile. Alla trattazione gloriosa delle donne in grandi figure meravigliose. Queste madri della specie umana. Partorienti e generatrici di una potenza atavica: il dono della creazione dell’uomo. Ancora oggi, la donna รจ questo: la creatrice dell’uomo, la compagna dell’uomo. L’ombra che rende un uomo glorioso, come mamma, come moglie, come assistente. In questo giorno, dovremmo faticare ad ammettere che parlare di donne, di diritti รจ tanto facile da dimenticare che รจ di ciรฒ che si tratta questa giornata. Un memorandum di quanto siamo indietro e di quanto non riusciamo a guardarci intorno se non con la lente proiettata sul nostro orto.ย In ogni dove, ma anche accanto a noi, i diritti delle donne non sono cosa data. Non sono scontati, spesso sono negati, se non addirittura non presenti.
Solo nell’ultimo anno, abbiamo assistito all’inasprimento delle misure di negazione dei diritti delle donne afghane. Esseri umani cancellati, non possono studiare, non possono vivere la vita comune e sociale, non sono libere. Non possono esporre il proprio corpo, devono essere accompagnate da un uomo, essere subordinate a esso. Anni di lotta cancellati, ancora una volta. Masha Amini, in questo anno, ha stravolto l’Iran. La sua morte ha riscosso le masse che oggi hanno un grido: Donne, vita, libertร . Una ragazza morta perchรฉ non indossava il velo, a lei se ne sono aggiunte troppe altre. In Ucraina, le donne stuprate dal nemico hanno visto negato loro l’aborto. Non solo in terra natia, ma anche nei paesi confinanti. Perchรฉ anche in quesi paesi manca il diritto di interruzione della gravidanza. In Africa, invece, molte ragazze sono costrette ad abbandonare gli studi per matrimoni precoci. Altre non hanno accesso a cure ginecologiche e a tamponi, a detergenti, a un’assistenza. In Italia, ancora oggi, si depositano disegni di legge in cui si cerca di limitare la libertร all’aborto. Un Paese, il nostro, che si vanta di essere evoluto, una maschera per nascondere bigottismo, involuzione e chiusura mentale.
8 marzo, come se bastasse un giorno, questo รจ altri luoghi comuni
Il piรน grande luogo comune di questa giornata รจ la finta lotta che si perpetua. L’attenzione alle donne, ai diritti, ai traguardi. Analisi, dati, numeri, fiocchi, coccarde e pacche sulla spalla. Il giorno finisce e si torna a guardare la classifica di serie A, a commentare l’ultima puntata del reality in voga, a guardare le bollette, a inveire contro il Governo. Le aziende tornano a parlare di sรฉ, del fatturato, del bilancio, dell’avanguardia, ma di donne? Cosa si fa per le donne? L’Onu ha dichiarato che ci vorranno almeno tre secoli per colmare il divario tra uomo e donna. Ma perchรฉ occorre tanto? Dopo secoli, ci sono ancora milioni di Ifigenia sacrificate sugli altari per vincere guerre. Ci sono milioni di Cassandra inascoltate, il cui potenziale รจ messo dietro una scrivania, ma mai a capo. Ci sono troppe Penelope relegate al ruolo di dote matrimoniale. Ci sono troppe Elena, valutate solo per la bella presenza. Ci sono troppe Andromeda incatenate e troppi Perseo che credono di essere l’unica soluzione. Ci sono troppe Medusa stuprate e accusate di esserne responsabili. Ci sono troppe Antigone che ribellatesi sono rinchiuse in una grotta.
I dati dell’Istat parlano chiaro. Nel nostro Paese, 1 donna su 2 non lavora. Nel 2021, nel nostro Paese, sono state uccise 119 donne. 104 erano femminicidi. Prima di festeggiare, pensiamo ai diritti. Prima di pensare ai diritti, pensiamo a chi non li ha. Prima di pensare ancora di pensare a chi non ha diritti, cerchiamo di capire che genere di societร vogliamo. Siamo lontani dall’essere tutti uguali, per cui smettiamola di riempirci la bocca di belle parole e rimbocchiamoci le maniche.