Afghanistan donne in rivolta, da Herat a Kabul il grido contro i talebani

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Fonte: Youtube

Afghanistan donne da sacrificio, questa la storia che viene scritta sotto i nostri occhi. Da settimane, il quadro internazionale si tinge di vergogna. Le promesse fatte alle donne afghane sono già infrante. Solo negli ultimi due anni, sono più di 350 i corpi femminili privati della vita. L’incubo dei talebani torna a Kabul, la shari’a equivale a morte. Da Herat fino alla capitale, le donne si riuniscono in rivolta. In nome della libertà, sono pronte a tutto.

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Afghanistan donne in fuga, quelle promesse mancate e l’illusione di una vita diversa

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Donne afghane e società,
Ph: Wakil Kohsar, fonte Getty Images

Il 14 agosto 2021, per le donne afghane è ritornato l’incubo. Il Medioevo ha bussato alle porte, l’orrore dei talebani ha invaso Kabul e la libertà è cessata. Per 20 anni, bambine, ragazze, donne, anziane, hanno vissuto con la speranza di una vita diversa. È stata fornita loro una prospettiva di cambiamento e futuro. La possibilità di non rivivere l’orrore delle loro vite passate, le vite delle loro madri e delle loro nonne. La dissacrante esistenza senza vita, dove il diritto di parola è annullato. Il 14 agosto 2021, le donne afghane hanno visto infrante le promesse che l’Occidente aveva fatto loro. Di lì in poi esecuzioni pubbliche per coloro che in questi anni hanno collaborato per la libertà. Picchiate di fronte agli occhi dei bambini. Pangea e Nove Onlus (tra le ONG che sostengono le donne afgane in questo periodo terribile) hanno raccolto grandi interventi per sostenere la protezione.

Notti passate a distruggere le liste di donne che hanno collaborato per evitare stupri e morte. Liste di donne, a questo si riduce il destino della popolazione femminile di Kabul e di tutto l’Afghanistan. Nomi di donne che hanno collaborato con l’Occidente, che hanno imparato a far di conto. Hanno ascoltato musica, hanno imparato a diventare imprenditrici, giornaliste, politiche, dottoresse. Libere. Avevano assaporato la frivolezza dei social e adesso nulla più. Ciò che si ascolta è la sigla dei notiziari, le lacrime in cantina di madri che nascondono le loro figlie. Questo è Kabul, una macerie di promesse mancate, dove le donne sono portate in Pakistan. Non è permesso loro lavorare, sono bottino di guerra. Dai 15 ai 45 anni, materiale da matrimonio per i talebani da arruolare.

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Afghanistan donne tra shari’a e morte: oltre 350 corpi senza vita

Afghanistan donneChe i talebani stessero tornando era evidente a chiunque, eppure il ritardo parrebbe rimasto in sordina. Il fattore che ne segnava l’imminente presenza è il sacrificio dei corpi di donna perpetuato negli ultimi anni. Solo nei primi mesi di quest’anno 220 morti, l’anno scorso 130. Dagli accordi di Doha del 2020, tra Stati Uniti e talebani, a pagare il conto sono state le donne. Magistrate, avvocatesse, politiche, giornaliste, poliziotte, giudici. Esponenti dell’evoluzione, della lotta, del femminismo. Di un Afghanistan nuovo, rivestito di opportunità.

Nella terra che ora appartiene ai talebani, il 40% della quota degli studenti era rappresentato da ragazze. 800 i milioni spesi dagli Stati Uniti per promuovere l’avanzamento dei diritti delle donne. Alcune hanno studiato negli Usa, altre hanno avuto contatti con diverse organizzazioni internazionali. Dal 31 agosto sono sole e le cercano porta per porta. Banu Negar, poliziotta che lavorava nel carcere penitenziario di Firozkoh, Afghanistan, è stata uccisa nella sua abitazione. Incinta, all’ottavo mese, è stata crivellata sul volto davanti ai famigliari.

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Afghanistan donne in rivolta, il grido di libertà contro i talebani

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Palazzo presidenziale di Kabul
Ph: U.S. Army Staff Sgt. Nicole Mejia

Quello di Negar è l’ultimo dei tanti casi di promesse infrante. I talebani avevano promesso che non si sarebbero rivalsi sui collaboratori del vecchio governo. Eppure le vittime non smettono di contarsi e ancora, la maggior parte, sono donne. 50 a Herat e subito dopo 70 donne a Kabul. Proteste di donne contro le restrizioni oscurantiste dei talebani. A Herat hanno urlato “È nostro diritto avere istruzione, lavoro e sicurezza. Non abbiamo paura, siamo unite!” Chiedono di essere consultate, di prendere parte alle decisioni attuali di formazione dell’esecutivo. Mentre, a Kabul, la rivolta ha un’organizzazione Women’s Political Participation Network. Secondo la Cnn, la protesta si è svolta accanto al Palazzo presidenziale.

Nessuna società può progredire senza un ruolo attivo delle donne. Per questo serve una partecipazione politica delle donne nel futuro governo.” La richiesta principale è quella, appunto, di prendere parte alle decisioni governative e di tornare a lavorare. Lo scontro è diretto verso le false intenzioni di apertura dei talebani. Nella formazione del governo, le donne non potranno ricoprire il ruolo di ministro, ma potrebbero lavorare nei ministeri. Potranno diventare infermiere e maestre, ma potranno istruirsi soltanto in classi femminili. Senza burqa e senza paura, rispondono anche alle bastonate e ai lacrimogeni lanciati loro per spaventarle. Alcune, insanguinate, continuano a lottare. “Non ci metteranno la museruola. Non ci chiuderanno in casa. Non siamo più le donne afghane di vent’anni fa.” È ora della resistenza femminile?