Agrigento stupro violento, di gruppo, filmato e poi diffuso. Una storia agghiacciante quella di Alice Schembri conclusa nell’epilogo del suicidio. Aveva 15 anni al tempo della violenza e ne aveva 17 quando ha deciso di lanciarsi dalla Rupea Atenea di Agrigento. Il caso era stato archiviato nel 2018, ma oggi viene riaperto dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo. Due agrigentini di 27 anni accusati di violenza sessuale di gruppo e diffusione di materiale pedopornografico.
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Agrigento stupro, riprese e silenzio: l’incubo di Alice Schembri
La vittima aveva 15 anni al tempo dei fatti. Fu costretta a fare sesso con quattro ragazzi. Quattro ragazzi che non erano estranei, ma conoscenti, persone che frequentava con costanza. La ragazza era cosciente e ripeteva più volte “non voglio… non posso… mi uccido… no… ti prego… mi sento male!” Parole che non andrebbero nemmeno riportate, parole di cui non dovremmo avere la possibilità di essere a conoscenza. La testimonianza di tali parole, tuttavia, deriva da alcuni video circolati in rete. Alice Schembri non fu soltanto stuprata, ma l’atto fu registrato tramite video e divulgato tramite app di messaggistica. Un rapporto consumato a turno, sotto effetto di alcol, ma c’è chi ha negato e continua a farlo.
Quella negazione, quegli atti, però non sono stati cancellati dalla mente di Alice Schembri e anzi, l’hanno portata alla morte. Due anni dopo, il 18 maggio 2017 infatti, la vittima ha deciso di togliersi la vita. Schembri si sarebbe lanciata dalla Rupe Atenea, il punto più alto della città di Agrigento. Oggi, dopo sei anni, la Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, dopo aver ricevuto il fascicolo dai colleghi agrigentini, riapre il caso. L’ipotesi è che oltre alla violenza sessuale di gruppo, ci sia diffusione di materiale pedopornografico. Due 27enni sono i principali indagati e dovranno rispondere delle accuse citate. Mentre altri due accusati dovranno rispondere alla procura dei minori.
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Le ultime parole di Alice Schembri prima del suicidio
Prima di morire, Alice Schembri ha affidato ai social le ultime parole, le parole che segnavano l’intenzione di cancellare sé stessa e così quel tragico evento subito. La vittima così scriveva: «Nessuno di voi sa e saprà mai con cosa ho dovuto convivere da un periodo a questa parte […]. Quello che mi è successo non poteva essere detto, io non potevo e questo segreto dentro di me mi sta divorando». «Poi ancora Ho provato a conviverci e in alcuni momenti ci riuscivo così bene che me ne fregavo, ma dimenticarlo mai… E allora ho pensato… Perché devo sopportare tutti i momenti no, che pur fregandomene, sono abbastanza stressanti, se anche quando tutto va bene e come dico io, il mio pensiero è sempre là? […] Non sono una persona che molla, una persona debole, io sono prepotente, voglio cadere sempre in piedi e voglio sempre averla vinta, ma questa volta non posso lottare, perché non potrò averla vinta mai, come però non posso continuare a vivere così, anzi a fingere così»
Tra i quattro accusati, c’è chi fra loro nega di esser stato presente, mentre altri convertono l’accusa. La loro difesa? Alice Schembri era consenziente. Gli avvocati degli accusati difendono gli imputati affermando: “Sono diversi episodi che risalgono al 2015, almeno 3/4, tutti documentati da filmati”. Secondo la difesa, dunque, ci sarebbe stato consenso. I legali degli accusati avranno 20 giorni per produrre difesa, memorie e visionari gli atti. La negazione sarebbe la loro difesa, ma chi ascolterà la vittima?