Amazzonia, Siberia, Italia: il mondo brucia ma possiamo ancora salvarlo

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Amazzonia climate change

Le foreste bruciano, il verde sta svanendo e la Terra chiede pietà. Media e scienziati da tutto il mondo riportano la notizia della grave crisi dell’Amazzonia, la più grande foresta pluviale del pianeta. Infatti, in questo ultimo anno i roghi sono pressoché triplicati. Pur non volendo essere catastrofici e considerando che anche gli oceani producono una buona parte dell’ossigeno che respiriamo, resta preoccupante una situazione che peggiora di anno in anno.

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Amazzonia: i numeri di una tragedia ambientale. Come aiutare il pianeta

amazzoniaNon si deve assolutamente sottovalutare il problema dei roghi. Gli alberi sono essenziali per contenere i cambiamenti climatici. L’Amazzonia ha avuto poco sostegno politico dal presidente del Brasile (uno dei Paesi interessati dalla foresta) Jair Bolsonaro. Egli, in varie dichiarazione, ha minimizzato la questione, nonostante circa il 17% della foresta sia andato distrutta. Rispetto all’anno scorso, abbiamo il 145% in più di incendi. A gravare sul delicato ecosistema è anche la deforestazione massiva in nome del progresso, delle industrie e dei profitti.

Cosa possiamo fare nel nostro piccolo per l’Amazzonia?

  • Ridurre (se possibile eliminare) il manzo proveniente dal Brasile. Gli allevamenti sono responsabili dell’attuale diradamento della foresta brasiliana;
  • Sensibilizzare e parlare ancora degli incendi. Media e social hanno diffuso la notizia, ma è importante continuare a parlare di ciò che sta succedendo in Amazzonia, Africa, Siberia e nella nostra penisola;
  • Eliminare o ridurre fortemente il consumo di legno e carta. Occorre evitare gli sprechi e trovare materiali sostitutivi;
  • Contribuire economicamente, se possibile. Ci sono tantissime organizzazioni che lottano per la salvaguardia di flora e fauna.
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Non solo Amazzonia

amazzoniaAnche il resto del mondo, questa estate, ha sofferto le fiamme di incendi devastanti. 5 milioni di ettari di foreste sono andati in fumo in Siberia. Gli incendi in Russia hanno provocato una nuvola di fumo di oltre 5 milioni di chilometri quadrati (più grande dell’Europa), coprendo il Paese e attraversando l’Oceano Pacifico, fino a raggiungere gli Stati Uniti. Anche l’Alaska ha patito le fiamme, che in Groenlandia hanno minacciato diversi centri abitati. Nelle Isole Canarie, invece, sono state evacuate circa 10.000 persone. L’America è flagellata dalle fiamme, in particolare la California.

Nemmeno la foresta pluviale del bacino del Congo, la seconda più grande al mondo, è stata risparmiata. 10.000 incendi in Congo, con il sospetto che alcuni siano stati provocati dall’uomo, dato l’alto interesse che le multinazionali hanno nello sfruttare una zona ricca di legname e petrolio. Un rischio enorme per biodiversità, data la quantità di anidride carbonica sprigionata.

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Pray for Amazzonia: l’invito ai governi e il punto di non ritorno

amazzoniaI cambiamenti climatici sono dettati principalmente dalla scarsa tutela dell’ambiente. L’auspicio è che i governi, dall’Italia al Brasile, dal Congo alla Francia, collaborino e si indirizzino verso una green economy, più sostenibile.

Il problema riguarda anche l’Italia. Dall’inizio del 2019 sono divampati 251 roghi, il triplo dello scorso anno, quasi un incendio al giorno. Purtroppo circa il 60% delle fiamme sono di origine dolosa. Mediamente è il Mezzogiorno che soffre l’attività criminosa e l’alta desertificazione in alcune aree.

Questo è il grido disperato del mondo che chiede aiuto. Abbiamo un solo pianeta, non possiamo restare inermi.

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