Bidello pedofilo condannato molesta ancora: un collaboratore scolastico di Roma è stato condannato per violenza sessuale ma lavora ancora nelle scuole. Le due condanne precedenti risalgono al 1991 e al 2005. Da allora il collaboratore scolastico ha continuato a lavorare nelle scuole. Dopo l’ennesima violenza il MIUR fu costretto a pagare circa 200 mila. Il ministero chiede risarcimento al bidello e al dirigente dell’Ufficio scolastico.
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Bidello pedofilo condannato molesta ancora un bambino
Due condanne alle spalle per violenza sessuale nei confronti di altrettanti bambini, la prima nel 1991, la seconda nel 2005. Tanto sarebbe bastato a un bidello di Roma per non continuare a lavorare a contatto con minori. I giudici furono categorici, l’uomo doveva essere allontanato dall’ambiente scolastico. Ma ciò non è accaduto. Infatti, l’uomo era stato successivamente assunto in una scuola elementare del centro di Roma. Nel 2014, venne nuovamente condannato a sei anni di reclusione per un terzo episodio di pedofilia. Per questa vicenda il MIUR venne condannato a risarcire con 228.257 euro la famiglia del bambino. I Giudici hanno deciso che anche l’allora dirigente dell’Ufficio scolastico regionale del Lazio dovrà pagare. Questi aveva inserito il nominativo dell’uomo nelle graduatorie del personale Ata, consentendogli di trovare un posto di lavoro. Dunque, la Corte dei conti, ora, chiede i danni anche a chi ha continuato a farlo lavorare.
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Bidello pedofilo condannato molesta ancora: l’ultima molestia
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Bidello pedofilo condannato molesta ancora: no controllo sui carichi pendenti
Nel 2005 il bidello aveva abusato di una bambina in una scuola media romana. Era stato lo stesso dirigente dell’ufficio scolastico regionale a sporgere la denuncia nei confronti dell’uomo e ad aprire un provvedimento disciplinare. Il bidello era stato condannato a due anni, due mesi e 20 giorni di reclusione, con l’interdizione perpetua dal lavoro a contatto con i minori. Nonostante ciò, ha continuato a lavorare a stretto contatto con gli alunni. L’uomo nel 2005 aveva dichiarato all’Ufficio scolastico regionale di essere incensurato. Nel 2008 non aveva risposto alla domanda sui carichi penali pendenti. Nessuno controllò. In questo modo, accusano i magistrati della Corte dei conti, il dipendente pluricondannato ha potuto continuare ad avere incarichi. Dopo la condanna del 2014, nel 2020 il MIUR ha risarcito del danno la famiglia dell’ultima vittima per 228.257 euro. Soldi che il ministero chiede indietro al bidello e all’allora dirigente dell’Ufficio scolastico regionale.