Da decenni si parla del buco dell’ozono come una delle conseguenze più negative dell’inquinamento sul nostro pianeta. Infatti il fenomeno era dovuto alla quantità di prodotti chimici accumulati nell’atmosfera che hanno fatto sfaldare lo strato di ozono. Ma ora c’è una buona notizia: il buco dell’ozono sopra l’Antartide si sta richiudendo, dopo aver raggiunto un minimo storico nel 2019, con l’estensione osservata di appena 16,3 milioni di km². La “guarigione” ha effetti collaterali che influenzeranno le correnti d’aria e i venti del pianeta.
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Buco dell’ozono: una guarigione lenta
La riduzione dei gas raffredda l’aria, rinforzando i venti del vortice polare e influenzandoli fino allo strato di atmosfera più basso della terra. Precedenti studi avevano collegato questo fenomeno ai cambiamenti climatici.
Antara Banerjee, dell’Università del Colorado a Boulder, ha portato avanti lo studio degli effetti del protocollo sul pianeta.
Le correnti a getto della parte sud del pianeta si stavano spostando verso il polo. Nel 2000 però è stato notato che lo spostamento era terminato. Questo era avvenuto proprio grazie alle restrizioni messe in atto dal protocollo. Ma la chiusura del buco dell’ozono va in contrasto con l’aumento della C02 nell’atmosfera che causa l’aumento delle temperature e il cambio climatico mondiale.
Buco dell’ozono: la tesi sperimentale
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