Cadaveri venduti online: un’addetta di un servizio di pompe funebri accusata di vendere pezzi di cadavere online. La donna avrebbe dovuto cremare i cadaveri ma invece vendeva parte dei cadaveri via internet, impacchettandoli e spedendoli via posta.
Una vicenda paradossale negli Stati Uniti: un’addetta di un servizio di pompe funebri privato, Candace Chapman Scott, vendeva pezzi di cadaveri. La donna aveva il compito di cremare alcuni cadaveri precedentemente donati alla scuola di medicina universitaria locale. Ma per arrotondare il suo stipendio pare che abbia venduto decine di parti di cadaveri, impacchettandoli e spendendoli via posta. Secondo le indagini concordava prezzi e modalità via social. La pesante donna è stata arrestata nei giorni scorsi a Little Rock, in Arkansas. La donna è comparsa venerdì davanti al tribunale federale e, come spesso accade, si è dichiarata non colpevole. Ma incastrarla vi è una lunga inchiesta federale che ha raccolto a suo carico decine di prove tra messaggi, spedizioni e pagamenti. Secondo l’accusa, tra l’ottobre 2021 e il luglio 2022, Scott avrebbe venduto parti di corpo dei cadaveri.
Risultano a suo nome numerose transazioni con un uomo della Pennsylvania, già identificato arrestato e poi condannato lo scorso anno. Dopo che la polizia aveva ricevuto diverse segnalazioni, una perquisizione in casa dell’uomo aveva individuato tre secchi contenenti vari resti umani. Da quella indagine si è arrivati all’origine di quelle parti di cadavere e ora all’accusa nei confronti della trentaseienne. Tutti i resti infatti appartenevano a cadaveri donati all’Università dell’Arkansas per le scienze mediche, per le lezioni agli studenti. L’ente però aveva stipulato un contratto con una società di pompe funebri che doveva poi cremare i resti. A questo punto, secondo l’accusa, entrava in azione la donna.
Secondo gli inquirenti, si sarebbe offerta lei all’acquirente nell’ottobre 2021, offrendogli “un cervello completamente intatto e imbalsamato”. Nei nove mesi successivi, avrebbe venduto all’uomo ogni genere di parti di cadaveri: cuori, genitali, polmoni, pelle e cervello. A un certo punto avrebbe persino venduto i resti di un feto ma a un prezzo scontato perché “non è in gran forma”, come si legge in uno dei messaggi a suo carico. Durante il periodo di nove mesi delineato nell’accusa, Scott avrebbe ricevuto un totale di quasi 11mila dollari in 16 transazioni diverse. In cambio avrebbe effettuato nove spedizioni nello stesso periodo tramite il servizio postale degli Stati Uniti.
Il portavoce dell’università ha detto che l’ente è grato che le autorità federali abbiano portato avanti le accuse contro Scott. Inoltre, ha definito le persone che donano i loro corpi per la ricerca medica “veri eroi”. Infine, ha affermato che sono le maggiori vittime del crimine a causa del ruolo che le donazioni svolgono nell’educazione medica. In una nota dell’università si legge: “Quando l’FBI ci ha informato, i proprietari del crematorio hanno immediatamente licenziato il dipendente. Hanno collaborato pienamente alle indagini”.