Canone stabilimenti balneari più basso del guadagno ed entrate non dichiarate: la denuncia della Corte dei Conti

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Canone stabilimenti balneari

Canone stabilimenti balneari nettamente inferiore alle entrate: è quello che succede in Costa Smeralda, ma anche in molte altre parti di Italia. La situazione, dopo la pandemia, è nettamente peggiorata. Le concessioni balneari sono aumentate e sempre troppo poco è lo spazio balneare a disposizione dei cittadini. Spesso è relegato in aree vicino alle discariche o in zone difficilmente accessibili. Il risultato è che lo stato regala agli avvoltoi delle spiagge dei territori che dovrebbero essere a disposizione di tutti. E, nel frattempo, due gestori su tre non dichiarano al fisco il dovuto dei loro incassi.

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Canone stabilimenti balneari: in Costa Smeralda 230 euro a pasto e soli 520 euro di tassa annuale

Canone stabilimenti balneariCanone stabilimenti balneari – Tutto parte dal racconto di una coppia di turisti che ha soggiornato in Costa Smeralda, all’hotel “Cala di Volpe”. “Ci è stato consegnato un menù che mostrava un prezzo di 250 dollari a persona per il pranzo a buffet. Che shock pensare a 500 dollari per il pranzo!”. E lo shock aumenta se si pensa che lo stesso hotel versa appena 520 euro di canone annuale per il lido.

A riguardo, l’ultimo rapporto di Legambiente riporta che “nel Comune di Arzachena ci sono 41 stabilimenti balneari con canone annuale inferiore a 1.000 euro, mentre degli altri 23 non esistono dati”. Per giunta, questo rapporto parla esclusivamente della Costa Smeralda. La realtà nel resto del paese, a dire il vero, è molto più ampia e dilagante.

In Italia, le concessioni balneari sono 26.689. Tra queste, 21.581 (quindi il 70% del totale) ha un valore inferiore ai 2.500 euro all’anno. Si tratta, quindi, di 200 euro al mese, senza gara e in continua proroga. In aggiunta, due gestori su tre, stando alla segnalazione dell’Agenzia delle Entrate, non dichiarano il dovuto dei loro incassi.

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Canone stabilimenti balneari: l’accusa della Corte Dei Conti

Canone stabilimenti balneariCanone stabilimenti balneari – “Dal 2016 al 2020 la media dei versamenti totali rilevata pari a 101,7 milioni di euro, risulta inferiore alla media delle previsioni definitive di competenza pari a 111 milioni di euro”. È questa l’accusa che lancia la Corte Dei Conti. Il S.I.D. ha dimostrato come lo Stato spesso ottenga molto meno di quanto dicano i canoni. Ne è un’esempio la stessa città di Roma. La capitale, dai suoi stabilimenti balneari, dovrebbe ricavare 2.432.160 euro. Ne risultano dichiarati, invece, 1.954.352. Ad Alassio, con gli affitti sulle spiagge, si dovrebbero ricavare 300.378 euro. Invece se ne trovano solo 25.279.

Il punto è che sul tema sono state date le più disparate direttive, come la Bolkestein del’UE del 2006, recepite con proroga a catena dal Governo Berlusconi del 2010. E da lì, altre mille proroghe di cui nessuna mai andata veramente in porto, perché “si pone in frontale contrasto con la disciplina di cui all’art. 12 della direttiva n. 2006/123/CE, e va, conseguentemente, disapplicata da qualunque organo dello Stato”.

Al di là di qualsiasi combutta, come spiega il sindaco di Lecce, è necessario definire regole nuove, trasparenti, pulite. Bisogna quindi andare a fondo e indicare chi veramente ha il diritto di esercitare sull’immenso patrimonio demaniale della balneazione. “Che non può appartenere a dinastie familiari. O, peggio, ad amici degli amici. Perché è un tesoro di cui sono proprietari tutti i cittadini italiani”, ha sentenziato il primo cittadino salentino.