Uno dei fondamenti di Napoli, artistici, culturali, ideologici, è il suo coraggio di dire o esprimere ciò che il mondo non ha la forza o l’intenzione di sentirsi dire. Dalla Sirena, passando per Giordano Bruno e per quelle rivoluzioni di azione e pensiero che nascevano alle falde del Vesuvio per poi estendersi in Italia, Napoli ha sempre incarnato la seduzione delle verità proibite, che la rendono oggetto al contempo di disprezzo e adorazione. Per questo non poteva che essere Partenope la sede naturale per Ceci n’est pas un blasphème, il primo Festival delle Arti per la libertà d’espressione, nato per difendere la libertà delle arti dalle leggi antiblasfemia. La manifestazione, organizzata dallo staff della campagna nazionale Dioscotto (che aderisce alla campagna internazionale #EndBlasphemyLaws), è ideata e diretta da Emanuela Marmo, intervenuta ai nostri microfoni.
Ceci n’est pas un blasphème: l’intervista a Emanuela Marmo
“Esistono diversi concetti di libertà. Ceci n’est pas un blasphème difende la libertà di esprimere visioni della tradizione che siano soggettive e non mediate dalla fede. Difende la libertà di rinnegare o criticare idee, anche e forse soprattutto quelle di natura religiosa. L’atteggiamento di noi organizzatori non è controcorrente, è problematico: perché non si può fare? Come si stabilisce che un modo sia sbagliato? Per quanto il modo sia sbagliato, le reazioni sono tutte consentite? E c’è una enorme differenza tra libertà e incoscienza. Gli assembramenti, per esempio, non sono opinioni. Sono comportamenti irresponsabili.”
Ceci n’est pas un blasphème: l’appoggio di Napoli e lo sfondo del Pan
Cosa vuol dire organizzare un festival così grande in piena pandemia? Sentite il peso di una scommessa del genere o con la forza delle idee si
affronta tutto?
“Organizzare un Festival così complesso in piena pandemia significa avere fiducia nel pubblico. Speriamo che a settembre sia possibile svolgere la nostra manifestazione all’interno di uno spazio finalmente aperto. A tal proposito, è di grande significato simbolico l’aver avuto assegnata una sede importante, in forma di patrocinio morale da parte dell’Assessorato alla Cultura. Ciò dimostra che le istituzioni possono proporre delle tematiche attraverso il contributo dell’arte. Inoltre è di grande importanza nell’organizzazione di un evento così ricco in un periodo così complesso. La pandemia ci impone di cercare alternative e di riorganizzarci, ma questo non deve tradursi nella rinuncia a offrire occasioni culturali complesse.
Chiediamo al pubblico non solo di sostenerci ma anche di scegliere da quale parte della cultura stare.“
Il Festival ha il supporto morale dell’Assessorato alla Cultura di Napoli, che in forma di patrocinio ha concesso l’utilizzo degli spazi del Pan, e di organizzazioni quali Atheist Refugee Relief, Council of Ex-Muslims of Britain, Ex-Musulmani d’Italia, Iniziativa laica, MicroMega, One Law for All, Uaar.
Tutto il ricavato di Ceci n’est pas un blasphème sarà destinato a organizzazioni che danno rifugio e assistenza legale a persone perseguitate per motivi religiosi. Anche per questo è possibile contribuire attraverso una raccolta fondi attivata sulla famosa piattaforma di crowdfunding Gofundme.
Ceci n’est pas un blasphème: la Blasphemy Box per unire l’utile e il provocatorio
Coerentemente con lo spirito irriverente di Ceci n’est pas un blasphème, e per contribuire alle spese di realizzazione dell’evento, arriva la Blasphemy Box, il bestemmiatoio personale al servizio di luoghi pubblici e singoli cittadini. Come funziona? È molto semplice! Visto che in Italia bestemmiare in pubblico è un illecito amministrativo (punibile con una multa fino a 309 euro), serve un luogo dove farlo in sicurezza. Arriva allora la Blasphemy Box, “una sorta di “confessionale portatile” per soddisfare le proprie necessità blasfeme”. Ecco le principali caratteristiche:
- Ideata da Agostino Granato e realizzata da Francesco Cuccurullo;
- Facilissima da montare grazie al sistema di pannelli a incastro (come mostra il video);
- Schermata da tutti i lati, per la massima privacy;
- Possibilità della “vista cielo” grazie al suo soffitto a spicchi che si apre e chiude facilmente;
- 2,30 m di altezza, con accesso inginocchiato per un’atmosfera da vera dedica.
- Per avere una dimostrazione, basta scrivere a [email protected].
Ceci n’est pas un blasphème: l’arte contro la blasfemia


Per venti giorni il Pan si trasformerà in un enorme incubatore d’arte per celebrare la libertà di parola e abbattere le leggi che ancora oggi condannano la blasfemia. Vediamone le diverse sezioni:
- La più estesa riguarda l’arte figurativa. Qui troviamo un immenso parterre di autori che ogni giorno con le loro opere difendono la libera espressione. Si parte da Daniele Caluri ed Emiliano Pagani con il loro Don Zauker, caricatura di sacerdote che in realtà esprime i desideri nascosti dell’uomo medio. Si passa poi ai subvertiser (o “vandali creativi”) Ceffon, DoubleWhy, Hogre, Illustre Feccia, Spelling Mistakes Cost Lives, fino ad arrivare a Abel Azcona, artista spagnolo che ha trasformato una violenza subita in un’opera d’arte arrivata addirittura all’attenzione della Corte europea dei diritti dell’uomo. Infine Giorgio Franzaroli, Malt, Pierz e Yele Maria esploreranno in un’apposita sezione il rapporto tra satira e religione.
- Non può mancare però la satira. Avremo infatti eventi live ogni venerdì, a cura di Daniele Fabbri e in collaborazione con TheComedyClub.
- Il sabato invece sarà la volta dei talk show live, condotti da Luca Iavarone, responsabile cultura di FanPage.it.
- Infine, per concludere la settimana in bellezza, Giuseppe Sciarra, regista e autore, Dea Squillante, direttrice del Sarno Film Festival, e Rosaria Carifano, giornalista, cureranno ogni domenica una sezione audiovisiva che presenterà estratti video e corti, al fine di portare al pubblico casi, autori e opere.
Ceci n’est pas un blasphème: il cammino verso la libertà di parola
Ma la strada per Ceci n’est pas un blasphème è ancora lunga e non mancheranno le sorprese.
A chiudere la nostra intervista, è sempre Emanuela a presentarcele: “Daniele Fabbri, curatore della rassegna di stand-up, ha voluto procedere con una call e non su invito perché desiderava che il Festival fosse un’opportunità per conoscere nuove voci. Questo rende il cammino più interessante ma allo stesso modo più impegnativo. Infatti la proposta di una novità, che è nuova quasi a tutti i livelli, implica un grande sforzo.
Pertanto, i prossimi mesi saranno dedicati a due obiettivi fondamentali: tenere vivo il dibattito e foraggiare con trovate creative i progetti artistici che accoglieremo. Il primo obiettivo è affidato ai nostri media partner. Con loro gli ospiti dell’evento discuteranno di blasfemia e censura. Il secondo è affidato a diversi strumenti. Il primo, in ordine cronologico, sarà una vendita di beneficenza di opere d’arte donate alla campagna Dioscotto (ultima in ordine di tempo la “Madonna con bottino” di Alt, ndr). Seguiranno poi azioni di marketing creativo a cura di artisti sostenitori.”
Si può sostenere Ceci n’est pas un blasphème con donazioni spontanee o con l’acquisto di opere d’arte.
C’è una strada ancora tutta da percorrere, in attesa del traguardo. A settembre, al Pan, davanti alla parola “libertà”.