A Chernobyl è stato scoperto un fungo capace di assorbire le radiazioni. Si tratta del Cladosporium sphaerospermum, isolato in uno dei reattori nel 1991. Le sue particolarità gli permettono di convertire i raggi cosmici in energia per la propria crescita. Le parti danneggiate, inoltre, sono in grado di auto-ripararsi. Una rivoluzione del genere aiuterebbe l’uomo a proteggersi, sia sulla Terra, sia nelle missioni spaziali, specialmente sul pianeta Marte.
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Cos’è il Cladosporium sphaerospermum, il fungo isolato a Chernobyl
Nel 1991, durante un sopralluogo al quarto reattore della centrale nucleare di Chernobyl, alcuni ispettori hanno notato un particolare deposito nero sulle pareti. Successive analisi hanno rilevato una forma di essere vivente in grado di sopravvivere alle radiazioni ionizzanti. Il nome di questo fungo è Cladosporium sphaerospermum.
La sua colorazione nera è il risultato di una produzione eccessiva di melanina, che il fungo produce per proteggersi dalle radiazioni, ma non solo. Nel 2007 un gruppo di ricercatori della Yeshiva University of New York ha condotto uno studio importante al riguardo. Il risultato è stato sorprendente: questo fungo, infatti, assorbe le radiazioni per trasformarle in fonte energetica. Abbiamo quindi a che fare con un “fungo radiotrofico”, ossia che si nutre di radiazioni.
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Il disastro di Chernobyl
Con la rottura delle tubazioni del sistema di raffreddamento, l’idrogeno e la grafite incandescente hanno provocato una fortissima esplosione. Una nuvola di materiale radioattivo ha cominciato a fuoriuscire e a riversarsi nelle aree circostanti, uccidendo vite umane, animali e vegetali. Nei giorni a seguire, è stato impossibile bloccare la nube radioattiva nonostante l’intervento di vigili e dirigenti sovietici. Per questo, le radiazioni hanno raggiunto anche il resto dell’Europa, fino ad arrivare sulla costa orientale degli Stati Uniti.
I morti accertati sono stati 65; i casi di tumore alla tiroide causati dalle radiazioni, tra 0 e 18 anni di età, sono stati più di 4000 subito dopo il disastro.
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Il fungo ritrovato a Chernobyl ci porterà su Marte?
Il fungo potrebbe anche essere usato all’interno dei tessuti delle tute spaziali, in modo tale da difendere gli astronauti dai raggi cosmici. Utilizzandone pochi grammi, si arriverebbe a costruire veri e propri scudi, capaci di auto-ripararsi laddove danneggiati.
Un ipotetico uso è stato pensato anche in campo medico per ridurre l’impatto di radiazioni per i pazienti sottoposti a radioterapia.
Siamo davanti a una scoperta davvero importante, una rivoluzione che dal disastro di Chernobyl potrebbe portarci a una migliore consapevolezza sul potere della natura.