La Cina censura il Covid: condannata la blogger che raccontò la pandemia

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Cina censura Covid
Dall'account Twitter di China Change (@ChinaChange_org)

Cina censura Covid: è l’accusa contro il governo cinese. Dall’inizio della pandemia la Cina ha tentato di ritardare la divulgazione delle notizie sul Covid. Dagli arresti alla censura il governo tentò di evitare fughe d’informazioni. Il risultato fu quello di ritardare la percezione della pericolosità della situazione, mentre il virus già iniziava a diffondersi anche nel resto del mondo. Un’inchiesta del New York Times e ProPublica (organizzazione non a scopo di lucro statunitense, con sede a Manhattan, che mira a produrre giornalismo investigativo di interesse pubblico) descrive gli arresti e le condanne di medici e giornalisti che per primi tentarono di documentare e divulgare la situazione di Wuhan. 

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Cina censura Covid: la giornalista Zhang Zhan condannata a 4 anni 

Cina censura Covid
Dall’account Twitter di China Change (@ChinaChange_org)

Il 28 dicembre il tribunale di Shangai ufficializza la pena di Zhang Zhan. È stata condannata a 4 anni di detenzione. Si tratta di una giornalista cinese che aveva sfruttato i suoi canali social per diffondere informazioni sul virus. Attraverso WeChat, Twitter e YouTube era riuscita a pubblicare video e foto dei corridoi ospedalieri di Wuhan, pieni dei primi pazienti colpiti. Le testimonianze pubblicate da Zhan raccontavano una realtà che il governo cinese volutamente non divulgava. La sua narrazione sui social terminerà il 14 maggio quando la giornalista scompare dai social. La notizia della sua detenzione a Shangai verrà dichiarata solo a novembre. Così come la formalizzazione dell’accusa. Per la polizia Zhan è colpevole di “aver provocato litigi e problemi”. Nonostante la giornalista affermi di “aver esercitato la sua libertà di parola”, il governo cinese l’ha dichiarata ufficialmente colpevole. 

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Cina censura Covid: la diffamazione al medico che diede l’allarme 

Cina censura Covid
Li Wenliang e l’ammonizione rilasciata dalla polizia municipale di Wuhan. Fonte: Wikipedia

Si chiamava Li Wenlian e fu il primo medico a cercare di informare il mondo sulla situazione allarmante al mercato di Wuhan. Il 30 dicembre 2019 Wenlian lanciò un allarme su una pericolosa polmonite riscontrata in diversi pazienti nell’ospedale di Wuhan. Pazienti che Wenlian sottolinea provenire tutti dal mercato del paese. In un gruppo privato su WeChat, Li condivide le sue informazioni con amici e colleghi medici. Dichiara la presenza di 7 casi confermati di quello che inizialmente definì come Sars. Aggiunse poche ore dopo come “secondo le ultime notizie, è stato confermato che si tratta di infezioni da coronavirus”. In seguito la polizia censurò le informazioni di Li, denunciandolo per procurato allarme. Il 1° febbraio Li pubblica sui social il suo ultimo aggiornamento dichiarando di essere risultato positivo al Covid, morendo una settimana dopo a 34 anni. 

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Cina censura Covid: come la Cina controllò i media 

cina censura CovidIl lavoro d’inchiesta americano si basa su una documentazione molto ricca e dettagliata: 3.200 direttive e 18.000 relazioni. Si tratta di informazioni ricevute da hacker che hanno attaccato il Cyberspace Administration of China (CAC), l’agenzia cinese per la regolamentazione di Internet. L’inchiesta fa luce sulle modalità con cui il governo cinese è riuscito a controllare la divulgazione di informazioni riguardo al Covid. Il CAC impose a gennaio di usare soltanto il materiale condiviso dal governo e di evitare qualsiasi tipo di associazione con il virus Sars. Questa dichiarazione ufficiale avveniva quando l’Oms dichiarava già ufficialmente la correlazione tra Covid e Sars. Il peggioramento della situazione portò il governo a ulteriori misure di censura online a febbraio. La CAC impose direttive su quali contenuti e foto potessero essere usate dai siti d’informazione, sui titoli degli articoli, arrivando infine a decidere quanto tempo un articolo potesse rimanere online prima di essere cancellato.