Il Covid-19 continua a destare molta preoccupazione in tutto il mondo. È sempre più concreta la paura di una seconda ondata, di un altro lockdown, di nuovi numeri spaventosi di contagi e decessi. Altrettanto forte è la speranza nella ricerca affinché si possa trovare un vaccino che riesca a mettere fine all’epidemia. Tuttavia, una nuova preoccupazione affligge soprattutto animalisti e ambientalisti. La produzione del vaccino sarebbe un pericolo per gli squali. È stato stimato che per realizzare le dosi necessarie potrebbe essere sterminato circa mezzo milione di squali. Le cose stanno davvero così o è una previsione catastrofica? Per salvare l’uomo, sarà necessario sacrificare gli squali?
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Vaccino anti-Covid: l’allarme di Shark Allies
Secondo un calcolo di Shark Allies, per estrarre una tonnellata di squalene occorrono circa 3.000 squali. Quindi, per vaccinare l’intera popolazione mondiale dovrebbero essere uccisi circa 250.000 squali. Inoltre, se dovessero essere necessarie due dosi a testa (come alcuni ipotizzano) si arriverebbe a uccidere circa 500.000 squali.
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Cos’è lo squalene e come funziona
In un documento pubblicato sul sito dell’ISS (Istituto Superiore di Sanità), si può leggere che lo squalene è sicuramente prodotto in grandi quantità nel fegato di alcune specie di squali, tuttavia lo si può trovare anche altrove. È contenuto nei semi di amaranto, nella crusca di riso, nel germe di grano, nelle uova, nella carne e nell’olio di oliva.
L’ISS aggiunge che è scientificamente dimostrato che la cute umana ne secerne una certa quantità nel sebo. Secondo uno studio americano, inoltre, se ne ingeriscono circa 25 mg al giorno con una dieta normale. Questo perché si tratta di una sostanza addirittura essenziale per la vita. Viene infatti usata dal nostro organismo per costruire ormoni steroidei e altre sostanze lipidiche e nella sintesi del colesterolo.
Proprio per la sua facile reperibilità in natura viene utilizzato come adiuvante nella produzione di vaccini. Riesce, infatti, a potenziare la risposta immunitaria.