Diario di bordo: alla Wojtek di Pomigliano d’Arco il racconto della scuola in carcere

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Sabato 15 febbraio, la libreria Wojtek di Pomigliano d’Arco ha ospitato la presentazione del libro Diario di bordo. Un anno di scuola in carcere nei pensieri di una prof e degli studenti della classe accanto di Antonella Ferri.

Una prof, la sua III G della scuola “del dentro”, una scelta difficile ma consapevole: “abbandonarli” per dedicarsi alle prime classi, più “bisognose di cure”.

Tuttavia quest’abbandono non vuole rassegnarsi come tale. E così, la perfida prof propone un’attività di scrittura collettiva: il diario di bordo. Il filo rosso di un rapporto che non vuole spezzarsi. Insieme ai suoi studenti speciali, si scrivono le parole di una scuola che vuole accogliere, unire e diventare un punto di riferimento comune. Una strategia didattica diventa esperienza emotiva.

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Il Diario di bordo: una sinfonia con tutti i suoi movimenti

diario di bordo

Giorno dopo giorno il “diario di bordo” si alimenta di pagine. Le parole, in successione cronologica, si susseguono come note di una sinfonia con tutti i suoi movimenti.

Dall’allegro delle parole di chi cerca un senso nonostante tutto, all’adagio del tempo vuoto che sembra sempre uguale a sé stesso. E poi c’è il notturno dei momenti bui dove le parole mancano.

Ma la prof. Ferri non si arrende e la scrittura collettiva si avvale di “espedienti” creativi per alzare l’asticella. Nasce l’alfabeto autobiografico, un modo per restituire pillole di identità e autorappresentazione, per abbattere il muro del pudore del racconto intimo di sé nella forma diaristica.

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La scuola “del dentro”: da attività trattamentale alla sfida della dignità

La scuola “del dentro” si inserisce di fatto in un’attività trattamentale. I detenuti lo fanno per chiedere benefici giuridici, per dimostrare credibilità, per inoltrare domanda di trasferimento in un istituto di pena considerato migliore.

Ma chi ha perso la propria libertà in conseguenza di una pena da scontare è ben lungi dal comprendere che è proprio l’esperienza della scuola che ha la potenzialità di supportare significativamente il ripristino delle radici stesse della libertà che il carcere nega.
Perché non esiste libertà senza responsabilità e senza, quindi, dignità.

Lavorare con studenti “del dentro” ti costringe a “toccare” quelle colpe che non si possano dimenticare. Anche se un prof. non ha il compito di sorvegliare e punire né può progettare il proprio operato partendo da un giudizio etico, è possibile trovare insieme il coraggio per costruire un presente responsabile come unica via per la libertà e la dignità?

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La scuola in carcere: il diario di bordo e il mondo senza voti

La sfida nella scuola in carcere è anche e soprattutto quella della tenacia nel saper incarnare quella scuola “altra”. Quella che insegna a tradurre il mondo senza voti, a spiegare la realtà senza schemi, a estrarre “maieuticamente” la parte positiva, la risorsa residua, dimenticata e umiliata dalla condizione di detenzione. È la sfida della dignità. È una sfida a crederci ancora.

Quella sfida, noi riteniamo che la prof. l’abbia superata. Stavolta, possiamo dirlo, a pieni voti!

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