Dipendente lesbica licenziata: la donna di 42 anni è stata sfruttata e maltrattata sul posto di lavoro e poi licenziata. La donna, Sara Silvestrini, di Ravenna, ha raccontato di aver subito per anni alcune angherie sulla sua omosessualità. La donna è stata risarcita dall’azienda.
Una donna 42enne di Ravenna è stata risarcita dalla sua azienda dopo diversi processi. La donna era stata licenziata, maltrattata e sfruttata sul proprio posto di lavoro. Per lei sul lavoro c’era un trattamento d’eccezione. Diversi erano turni di notte imposti anche se non previsti dal contratto. I rimproveri erano plateali e ingiustificati, battute a sfondo sessuale, chiamate a qualsiasi ora. Si ipotizza che la causa di tutto fosse la sua omosessualità. La donna, Sara Silvestrini, ha ottenuto un risarcimento dall’azienda Lidl, di cui era magazziniera. Il giudice avrebbe condannato caporeparto e dirigenti di Lidl. Per la donna è stato previsto un risarcimento perché vittima di mobbing omofobo. Inoltre, pare che il giudice abbia anche chiesto il risarcimento anche per la compagna, danneggiata di riflesso. Le due hanno una relazione stabile da più di otto anni. Il processo andava avanti dal 2015 e solo ora sarebbe arrivata la sentenza definitiva.
Sara Silvestrini per dieci anni ha lavorato come magazziniera alla Lidl di Massa Lombarda. La donna si sarebbe ammalata di stress da lavoro. Infatti, ci fu una relazione dell’azienda ospedaliera universitaria di Verona. In essa si parla di “disturbo post traumatico da stress cronico reattivo a una condizione lavorativa che può essere inquadrata nelle molestie morali protratte”. La compagna Federica ha raccontato: “Temevo potesse farsi del male”. Alla fine del 2014 sta male, tanto da restare a casa per quasi due mesi. Si rimette in sesto e torna a lavorare ma nel 2015 arriva il licenziamento. Viene allontanata con la dicitura “giusta causa”. Trova il coraggio di denunciare quanto accaduto difesa dall’avvocato Alfonso Gaudenzi. Dopo sette anni Sara si è presa la sua rivincita.
Il giudice ha condannato a tre mesi il capo reparto, Emanuel Dante, e 500 euro di multa per i dirigenti Lidl Pietro Rocchi, Emiliano Brunetti e Claudio Amatori. La Lidl Italia è stata condannata come responsabile civile. Il giudice ha infatti riconosciuto 30mila euro di provvisionale alla lavoratrice e danni da stabilire in sede civile anche per Federica. I reati fra tre mesi saranno prescritti, l’obbligo di risarcire il danno resta. Le accuse principali erano principalmente rivolte al caporeparto. Infatti, si evince che nonostante Sara avesse presentato un certificato medico che la dichiarava inabile a sollevare pesi, era costretta a farlo. Inoltre, sebbene il contratto non prevedesse il notturno, la faceva lavorare soprattutto la notte. Dagli atti risulta che in una settimana la donna ha lavorato 38 ore ordinarie più 39 extra. I legali delle difesa sostenevano che la donna era già stata risarcita. Tesi non confermata dal giudice.
Dipendente lesbica licenziata: “La mia vita è cambiata”
La sentenza rappresenta una vera e propria “liberazione” per la donna. In un’intervista al Resto del Carlino la donna ha raccontato: “Io avevo sempre cercato di non commettere errori, restare lucida e non reagire, anche se le provocazioni erano tante. È molto dura quando un singolo si trova davanti a una società così potente. Quando impugnai il licenziamento, in cambio di 15mila euro cercarono di farmi firmare una liberatoria tombale, proposta dal sindacato. Tale liberatoria liberava tutti da pretese e accuse. Capisco la Lidl, ma il sindacato no. Così lasciai la Cgil, cambiai avvocato e con Stefania Gaudenzi ottenni 28mila euro e la parte penale è andata avanti con l’avvocato Alfonso Gaudenzi. Conosco tanti colleghi che hanno firmato per un tozzo di pane. Il mio consiglio è di restare lucidi”. La vittoria è a metà. Sara adesso cercherà di rimuovere quel “licenziata per giusta causa” dal proprio libretto di lavoro.