Efficacia vaccino Pfizer e Moderna messa in crisi. Per Peter Doshi i dati non tornano. Controllando i dossier della FDA, il ricercatore americano ha formulato una tesi allarmante. La risposta del farmaco anti-Covid non sarebbe del 95%, bensì del 19-29%. L’editoriale è apparso sul British Medical Journal, scuotendo le testate mondiali. Congetture e ipotesi che, tuttavia, non trovano una solida verifica. Per cui, qual è la verità?
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Efficacia vaccino Pfizer e Moderna, Peter Doshi reattogenicità al 19-29%
Pfizer e Moderna sotto la lente del microscopio, secondo il Bmj le percentuali di efficacia dei vaccini sarebbero errate. A dichiararlo è Peter Doshi, ricercatore associato presso l’Università del Maryland, che il New York Times riconosce tra i grandi esperti del settore. Doshi ha lamentato, per molto tempo, la scarsa reperibilità dei dati ufficiali e grezzi riguardo gli studi scientifici circa l’efficacia dei vaccini. Dopo esser entrato in possesso di diversi dossier firmati Food and Drug Administration sui dati pre-autorizzazione dei vaccini, il ricercatore ha affermato: “Alcuni dei dettagli aggiuntivi sono rassicuranti, altri no“. Così, il 4 gennaio 2021, ha pubblicato un editoriale sul Bmj, di stampo opinionistico, in cui sottolineava che la reattogenicità del vaccino sarebbe del 29-19%; ben inferiore al 50% che occorre per l’autorizzazione fissata dalle autorità di regolamentazione come la FDA.
Per il ricercatore americano, a minare l’efficacia del vaccino sarebbero i casi di “sospetto Covid-19” registrati durante la sperimentazione. L’accusa è mossa verso Pfizer soprattutto, che nel dossier di 92 pagine, non avrebbe incluso i 3410 casi sospetti. L’allarme di Doshi è volto soprattutto alla mancanza di chiarezza e alla mancanza di dati da poter valutare. “Pfizer afferma che sta rendendo i dati disponibili su richiesta e soggetti a revisione; Moderna afferma che i dati potrebbero essere disponibili su richiesta una volta completato lo studio.” Lo studio, probabilmente, sarà ultimato entro la fine del 2022. Attualmente, la verifica sperimentale sarebbe data solo dai tassi di ospedalizzazione, casi di terapia intensiva o decessi.
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Efficacia vaccino Pfizer e Moderna messa in discussione, Doshi ha ragione?
L‘editoriale di Doshi si è trasformato, per la stampa globale, in un caso di studio. Un’opinione, dichiarata sin dal primo istante, ha assunto gli abiti di verità insindacabile. In un tempo in cui la pandemia continua a decimare vittime, chi resta fuori dagli ospedali si accanisce contro la soluzione: il vaccino. Dubitare è umano, ma cosa accade quando il dubbio diventa calunnia? Quando un’opinione diventa legge?
Il ricercatore dell’Università del Maryland sostiene che 3410 casi, negli studi dei due vaccini, risultavano come sospetti positivi. Se fossero stati inclusi nell’analisi, l’efficacia o reattogenicità dei vaccini a mRna si ridurrebbe al di sotto del 29%. Successivamente, alla polemica si aggiungono altri due fattori: il ruolo dei farmaci antipiretici e antidolorifici che potrebbero confondere i test; 371 casi sono stati esclusi per deviazione del protocollo, dopo una settimana dalla somministrazione della seconda dose.
Partendo dall’ultimo punto, Doshi ha ragione nel preoccuparsi dei 371 casi per un motivo semplice: 311 partenevano al gruppo del vaccino, 60 al placebo. Uno squilibrio che in Moderna si inverte con 12 nel braccio del vaccino e 24 per il placebo. Tuttavia, le deviazioni sono possibili e, sebbene i dati siano consistenti, questi non avrebbero potuto condizionare i risultati finali. Per quanto concerne l’assunzione di farmaci è preoccupante per l’invalidazione del doppio cieco. Il gruppo vaccino assumeva farmaci 3/4 volte in più rispetto al gruppo placebo. Questo fa sì che i due gruppi venissero marcatamente delineati, invalidando il fattore che né i ricercatori né i volontari avrebbero dovuto conoscere l’assegnazione.
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Efficacia vaccino Pfizer e Moderna, qual è la verità?
L’affidabilità del vaccino resta invariata, ma alcune ragioni restano al ricercatore. In primis, il vaccino non doveva essere somministrato a volontari che già avevano contratto un’infezione da SARS-CoV-2; ma il 3,0% dei volontari Moderna e il 2,2% di Pfizer erano risultati già positivi. Inoltre le due case hanno usato dei comunicati di revisione interni del monitoraggio dei dati per la Fase 3. Moderna afferma che l’IRC era composto da quattro membri dell’università affiliata; per Pfizer tre dipendenti dell’azienda.
Una questione che andrà sicuramente approfondita e non si potrà attendere la fine del 2022. L’unica ragione assoluta del ricercatore è di pretendere dati grezzi, aggiornati, puntuali e in maniera costante. La trasparenza e l’immediatezza sono fattori vitali quando si sta combattendo una guerra contro un patogeno che continua a mietere vittime. Ciò che è certo, almeno finora, è che i vaccini sono efficaci e che le ipotesi del ricercatore restano solo opinioni. Dubbi che possono far riflettere, ma che non devono assumere il valore di verità, quando i dati non sono corredati da uno studio scientifico.