GRENOBLE (Francia) – I ricercatori dell’Università di Grenoble Alpes hanno messo a punto un esoscheletro robotico controllato con il pensiero. Il prototipo è stato testato grazie a un paziente volontario del centro di ricerca biomedica Clinatec, associato all’ospedale universitario. Il ventottenne tetraplegico è riuscito a muovere i primi passi con la forza della mente. Si aprono così nuovi scenari per la riabilitazione grazie alla robotica.
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Esoscheletro robotico, come funziona
Lo scopo è dare nuove possibilità alle persone che hanno subito traumi irreversibili perdendo l’uso degli arti. L’esperimento è stato censito sulla rivista scientifica Lancet Neurology. Nell’articolo, gli ideatori dell’esoscheletro robotico hanno spiegato i dettagli del loro lavoro durato circa due anni. Nonostante l’importante risultato c’è ancora da perfezionare. Infatti, in questa fase preliminare, l’esoscheletro è sostenuto a sua volta da una struttura per impedire all’uomo di cadere. L’obiettivo finale è quello di donare autonomia e piena libertà di movimento.
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Esoscheletro robotico: l’esperimento


In questi due anni, l’intento è stato quello di testare la fattibilità di un esoscheletro guidato da segnali cerebrali impiantati con una tecnica semi-invasiva. Pertanto, grazie ai pazienti del centro Clinatec, si è ricercato il miglior candidato che rispettasse i criteri necessari.
Il primo tester è stato un giovane di 28 anni completamente paralizzato. Il ragazzo è divenuto tetraplegico dopo una caduta nel 2015, da 15 metri di altezza. Avendo una lesione del midollo spinale è risultato il profilo ideale. Il progetto è iniziato il 12 giugno 2017 quando il paziente ha cominciato ad allenarsi a comandare un avatar col pensiero. Gli impulsi elettrici del suo cervello sono stati tracciati fino a quando, lo scorso 21 luglio 2019, ha testato i movimenti indossando l’esoscheletro. “Mi sono sentito come il primo uomo sulla luna“, ha dichiarato il ragazzo emozionato.
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Il futuro dell’esoscheletro robotico
Intanto, il successo dell’esoscheletro è rappresentato anche da un altro fattore molto importante. Come detto, di fondamentale importanza sono i due registratori epidurali wireless bilaterali. Di fatti, gli elettrodi continuano a funzionare efficacemente dopo 27 mesi dall’impianto. In esperimenti precedenti, svolti da altri gruppi di ricerca, gli elettrodi smisero di funzionare poco dopo l’intervento. Probabilmente la principale causa fu che i sensori vennero impiantati troppo in profondità causando anche infezioni al paziente. In quest’esperimento, invece, le piastre sono state piazzate superficialmente e, a distanza di tempo, continuano a raccogliere gli impulsi cerebrali.
Un passo davvero significativo per la nuova medicina.