Immunità ibrida? Secondo il virologo Francesco Broccolo un’infezione da variante Omicron potrebbe essere un bene. “Quello che sappiamo è che l’infezione naturale, con tutte le varianti viste fino ad adesso, dà una protezione maggiore”, ha affermato il professore. Tuttavia, come dichiarato dall’intera comunità scientifica, è sempre bene tenere la guardia alta e continuare con la somministrazione del vaccino.
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Immunità ibrida, l’infezione con Omicron è un bene?
Da tempo è noto che coloro che contraggono il Covid 19 sono in grado di sviluppare anticorpi naturali contro il virus. L’immunità viene così rafforzata in modo incrementale. Contrarre la variante Omicron del Coronavirus potrebbe generare un’immunità ibrida, in grado di difendere il corpo anche dalle altre mutazioni.
“Partiamo da un presupposto. I principali sistemi dell’immunità che vengono stimolati sia con la vaccinazione che con l’infezione sono i linfociti T memoria, i linfociti B memoria e i gli anticorpi neutralizzanti. Sia il vaccino che l’infezione naturale hanno questa capacità, quello che sappiamo è che l’infezione naturale, con tutte le varianti viste fino ad adesso, dà una protezione maggiore. Addirittura il primo lavoro su Science parlava di immunità fino a 8 mesi di durata; con il susseguirsi di varianti questa immunità si è ridotta. Fino ad arrivare ad Omicron”, ha affermato a “The Huffington Post Italia” Francesco Broccolo, virologo e professore dell’Università di Milano Bicocca.
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Immunità ibrida: cosa sappiamo di Omicron
Tutto ciò potrebbe portare a pensare che ci sia un via libera per poter abbassare la guardia. “Da qui a dire ‘infettiamoci tutti e facciamo party perché è un ottimo vaccino’ dico no” ha affermato Francesco Broccolo. “Non conosciamo gli effetti a lungo termine di questa variante. È sbagliato anche dire che si tratta di un semplice raffreddore o poco più dell’influenza. Sono etichette che rischiano di dare un messaggio errato al cittadino che si infetta perché non corre rischi. Non sappiamo se provoca Long Covid. E ad oggi non sappiamo se si comporta allo stesso modo su tutti i soggetti. C’è uno studio incoraggiante, ma non basta”, ha aggiunto.
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Meglio non rischiare l’immunità ibrida
“Non sappiamo gli effetti a lungo termine di questa infezione naturale. Sappiamo troppo poco e poi far circolare in modo eccessivo il virus può generare nuove varianti”, ha commentato il virologo. “Poi c’è la variabile delle caratteristiche del soggetto. Nello studio canadese, su 6000 casi non ne è morto uno e solo lo 0,3% è stato ospedalizzato. Ma quando cominciamo a parlare di 6 milioni di casi qualcuno può morire. Non possiamo saperlo e non possiamo dare messaggi conclusivi in questo momento”, ha concluso.