L’ipotesi che in futuro l’Intelligenza Artificiale (IA) possa arrivare a sostituire il medico sembra sempre più probabile. Da tempo, infatti, l’IA è un grande supporto per l’uomo in campo medico-sanitario, al punto che si rischia un capovolgimento di ruoli. A spiegarlo meglio è il professor Paolo Benanti, padre francescano, docente di teologia morale ed etica delle tecnologie alla Pontificia Università Gregoriana e accademico della Pontificia Accademia per la Vita.
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Intelligenza artificiale: tra opportunità…
Attraverso gli algoritmi, l’IA riesce ad analizzare un gran numero di dati e può elaborare diverse diagnosi e cure. Ciò costituisce un incredibile vantaggio per il dottore, durante e dopo la visita. Cosa accadrebbe, però, se il medico fosse del tutto sostituito dall’Intelligenza Artificiale? Potrebbe capitare, ad esempio, che l’algoritmo compia degli errori, mettendo a rischio la salute del paziente.
Secondo il professor Benanti ci troviamo in un nuovo colonialismo digitale, in cui i Paesi poveri sono usati come cavie. “La conoscenza medica e la prassi medica sono due aspetti diversi. Applicare la conoscenza nel singolo caso dipende dalla preparazione e formazione del medico, ma anche dal livello della struttura sanitaria in cui opera. Nei luoghi in cui non si hanno strutture innovative, l’intelligenza medica può davvero aiutare. È stato visto già in una serie di studi in Ruanda“.
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… e rischi
La società di ricerca Gartner ha analizzato il rapporto tra sviluppo della tecnologia IA e lavoro. Secondo le sue previsioni, l’Intelligenza Artificiale avrà eliminato 1,8 milioni di posti di lavoro entro il 2020. Allo stesso tempo, però, creerà 2,3 milioni di nuove posizioni. Questo dipenderà in parte dal modo in cui Intelligenza Artificiale e medici interagiranno. Gli strumenti di supporto alle decisioni cliniche che dispongono dell’IA potrebbero fornire ai dottori suggerimenti basati su dati concreti, ma spetterebbe comunque ai medici analizzarli e decidere come procedere.
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Intelligenza Artificiale: cos’è?
Il primo neurone artificiale risale al 1943. Da allora sono stati fatti innumerevoli passi in avanti, tanto da consentire alla tecnologia di insediarsi nel campo medico. L’IA ha già apportato diversi benefici al sistema sanitario: aiuta i medici a raccogliere, analizzare e organizzare i dati clinici, fare diagnosi precoci, pianificare trattamenti e trova le migliori soluzioni per i pazienti.
Molto attivo in campo medico è il gruppo IBM che, con la sua Intelligenza Artificiale Watson, è entrato a pieno regime nelle corsie degli ospedali. Watson sembrerebbe essere in grado di anticipare diagnosi come quelle di insufficienza cardiaca rispetto ai metodi tradizionali.
C’è poi Molly, la prima infermiera virtuale al mondo, sviluppata dalla startup Sensely. Col suo sguardo amichevole, monitora le condizioni dei pazienti e lo stato dei trattamenti in corso. L’interfaccia utilizza metodi di machine learning per supportare i pazienti in condizioni critiche, fornendo controllo e assistenza.
Nonostante gli incredibili progressi tecnologici, però, bisogna ricordare che l’assistenza sanitaria richiede sempre un tocco umano.