Quanto inquina Internet? Viaggio nell’altra faccia del digitale

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Lo sapevate? Se Internet fosse un paese, sarebbe tra i più inquinati al mondo e i colossi del web (Amazon in primis) devono usare quantità enormi di energia per sostenersi. Eppure la digitalizzazione è fondamentale per ridurre il nostro impatto ambientale, e la pandemia ce l’ha dimostrato.
Come si esce quindi da questa contraddizione? Iniziamo a chiarire alcune questioni sull’inquinamento.

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Internet inquina: analisi di un fenomeno molto variegato

internet trendOgni attività che facciamo usando la rete inquina, anche gesti che oggi troveremmo normalissimi come mandare una mail, mettere un like, leggere una newsletter, guardare un film in streaming. Il come è abbastanza semplice: attraverso l’energia elettrica che serve a supportare tutto il trasferimento di dati per queste azioni e a soddisfare l’enorme bisogno dei server e dei data center necessari per immagazzinare questi dati. Energia elettrica che ancora oggi è prodotta per la gran parte da combustibili fossili come il carbone. Basti pensare che in Italia il 57% dell’energia prodotta deriva da combustibili fossili (fonte: Ember and agora energiewende 2021). Negli ultimi anni si sono fatti notevoli passi avanti per la produzione di energia da fonti rinnovabili, ma la transizione resta lunga e costosa.

A completare il quadro ci sono i dispositivi che usiamo per accedere a internet, al cui consumo di energia (sia per l’utilizzo, sia soprattutto per la costruzione, dato il loro ricambio piuttosto frequente) spesso non badiamo affatto.

Ma Internet è anche consumo di acqua (per raffreddare i data center, i luoghi che ospitano i server che contengono i dati dei siti internet e del cloud, che altrimenti fonderebbero) e suolo (dove installare le infrastrutture di rete o estrarre i materiali per costruire gli hardware). Come vedete, l’impronta ambientale della tecnologia incide su più fronti.

E se è vero come è vero che c’è l’altro lato della medaglia (Internet combatte l’inquinamento: pensate al risparmio di carta, alla riduzione degli spostamenti e quindi del traffico etc.) non bisogna dimenticare i numeri dell’inquinamento da internet e magari pensare a modi per ridurre questa “impronta” sul pianeta.

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Internet inquina: ecco i dati

internetA darci qualche recente numero di inquinamento da Internet è Carbonfootprint, società di consulenza ambientale. I dati a cui facciamo riferimento sono del 2020. Ecco qualche numero interessante:

  • Una ricerca su Google produce da 1 g a 10 g di emissioni di CO2 (anidride carbonica). Poco, direte, ma Google elabora oltre 3 miliardi di ricerche al giorno.
  • Il cloud, gli enormi data center su cui passano ogni giorno le nostre informazioni, assorbe l’1% della domanda globale di energia;
  • Mandare una mail con un allegato di un megabyte produce circa 20 grammi di CO2; questo perché una mail viene copiata circa 10 volte prima di arrivare al destinatario (fonte: Ademe, l’Agenzia francese per l’ambiente e la gestione dell’energia). E ogni giorno si mandano oltre 300 miliardi di mail (fonte: Statista 2021);
  • Guardare un episodio di una serie tv vale 90 grammi di CO2;
  • Ogni apertura di una pagina di un sito produce circa 1,76 grammi di CO2. Ad oggi esistono sul web quasi 2 miliardi di siti internet.
  • Il traffico dati e gli utenti di Internet sono in continua ascesa. Il primo è cresciuto del 35% solo tra il 2019 e il 2020, passando da 450 a 600 terabit per secondo (fonte Telegeography). Gli utenti invece sono oggi 5,5 miliardi di persone (fonte: www.internetlivestats.com/).
  • Più in generale, oggi Internet è responsabile del 3,7% di tutta la C02 emessa sul pianeta;
  • Le ultime statistiche prevedono un aumento di questo impatto, fino ad arrivare al 15% nel 2040.

Anche creare e mantenere un sito web lascia la sua impronta inquinante. Novità recente è che questa impronta può essere misurata. Lo strumento si chiama KarmaMetrix ed è prodotto da Avangrade, società di search marketing e intelligenza artificiale italiana.

Internet inquina: ecco come ridurre l’impatto ambientale

GooglePossiamo con semplici azioni quotidiane ridurre l’impatto di internet sull’ambiente? La risposta è “sì” e la parola d’ordine è una: pulizia!

Infatti il primo modo per ridurre l’impatto ambientale è eliminare tutti i file che non ci servono più. Un esempio su tutti: le vecchie mail, lo spam, i contenuti pesanti e non più utili. Un dispositivo più leggero consuma meno. Vale anche per l’apertura finestre su un browser: meno ne teniamo aperte contemporaneamente e meglio è. Inoltre, bisogna tentare di sostituire in maniera meno frequente il dispositivo che si usa per accedere a Internet. Questo perché i luoghi dove vengono costruiti e assemblati ad esempio i nostri smartphone usano ancora in massima parte energia proveniente da combustibili fossili.

Poi possiamo stare attenti alle nostre scelte. Nel piccolo, semplicemente, entrare su un sito direttamente e non passando da un motore di ricerca. Nel caso, però, utilizzare un motore di ricerca verde, come Ecosia, che si impegna a compensare con varie iniziative le emissioni prodotte dal suo utilizzo ed è arrivato a produrre 3 volte più energia di quanta ne consuma (tanto da poterla anche vendere all’esterno).

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Internet inquina: anche le aziende possono fare la loro parte

internet trendNel grande, invece, la questione è più complessa, ma possiamo fare anche qui la nostra parte. Ad esempio, se vogliamo aprire un sito web, possiamo usare provider, server e hosting attenti all’ambiente, scegliendo aziende come Aruba, che dal 2011 usa al 100% energia rinnovabile con certificazione di Garanzia di Origine (GO), o Exe.it. Oppure, spostandoci sul piano politico, chiedere al nostro governo una legislazione che regolamenti le emissioni del settore digitale.

Anche le aziende possono fare la loro parte, intervenendo sui dispositivi dati ai loro dipendenti. Scegliendo dispositivi più ecologici, con un ciclo di vita più lungo, e riciclando meglio l’hardware, le aziende possono aiutare l’ambiente, riducendo le emissioni di anidride carbonica, e risparmiare denaro (perché riciclando di più si acquista meno). I dispositivi per l’utente finale (computer fissi e portatili, smartphone etc.) inquinano quasi il doppio dei data center on premise (cioè quelli presenti sul luogo di lavoro). Per questo un’azienda che sia capace di ottimizzare on premise in cloud (strutture fuori sede) come spazi per hardware, software e applicazioni riuscirà a tagliare di oltre la metà le emissioni di anidride carbonica dei suoi data center e dei suoi end-user device.

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