La pandemia ha cambiato tutto? Sì, soprattutto nel mondo del lavoro e il 2022 raccoglie i frutti di quanto “seminato” negli ultimi due anni. Cosa quindi ci aspetta nel mondo del lavoro 2022? Dove cercare per trovare un lavoro sicuro? A quali aspetti del contratto bisogna stare attenti? È ora di fare un piccolo viaggio in quest’anno complicato ma ricco di opportunità come nessuno dei suoi precedenti. Ma come, direte? Mentre c’è ancora una pandemia e con una guerra in corso? Ecco, proprio per quello! Ma forse è meglio partire dalla fine…
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Lavoro 2022: l’anno del “grande addio”. Mai così tanti posti di lavoro
Ciò che ne è uscito è un quadro sconfortante, con il lavoro visto come sinonimo di una infelicità poi trasferitasi anche a casa, per via dello smart working. Molti sembrano aver aperto gli occhi su un mondo pieno di abitudini tossiche per troppo tempo considerate la normalità. La reazione sembra essere univoca e globale: dimissioni, e nel più breve tempo possibile. Solo nel 2021, negli Stati Uniti, le persone che hanno deciso di lasciare il proprio posto di lavoro sono state quattro milioni al mese a partire da giugno 2021.
In una maniera che avremmo considerato sorprendente anche solo due anni fa, la prima motivazione non è economica. Prima viene il benessere personale, della propria psiche e della propria famiglia. Al secondo posto, la convinzione di essere sfruttati e sottopagati; da qui la conseguente ricerca di un lavoro migliore e più gratificante. Infine un mondo del lavoro in cui non ci si riconosce più.
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Lavoro 2022: l’anno del “grande addio”: i settori più colpiti
Non solo: in questi ultimi anni è emerso in maniera preoccupante il fenomeno del burnout. Fenomeno che, in diversi casi, lo smart working ha perfino accentuato, perché mancava un limite alla disconnessione.
Per questo, a essere maggiormente interessati dalle dimissioni sono stati i settori più coinvolti dal Covid:
- Il settore dell’hi-tech;
- Il settore medico;
- Il settore della produzione;
- Il settore marketing e commerciale;
Quindi qui si concentra la ricerca di lavoratori. Tra le altre cose, le aziende sono state prese completamente alla sprovvista da questo fenomeno. C’è chi ha deciso di redistribuire il lavoro tra gli impiegati rimasti, ma c’è anche chi ha avviato una ridistribuzione della propria linea produttiva coerentemente alla mancanza di personale. Infine c’è chi ha scelto di attendere.
Il più grave distacco nel mondo del lavoro 2022, però, si ottiene tra le visioni di chi si occupa delle risorse umane e quelle dei lavoratori. I primi ritengono in gran parte che la produzione negli ultimi anni sia aumentata; visione condivisa solo dal 33% degli impiegati.
Lavoro 2022: la cronaca del grande addio
La notizia ha fatto il giro del mondo e ha fatto tendenza. Il fenomeno è arrivato anche in Italia, con una velocità ovviamente ridotta. Parlando di numeri, in America si dimette il 3% dei lavoratori ogni mese; in Italia questa percentuale si raggiunge in tre mesi. Ma queste grandi dimissioni sono un bene o un male? Paradossalmente sono un bene, perché ci si dimette per avere qualcosa di meglio; è quindi normale in una fase di ripresa, perché sono disponibili posti di lavoro migliori. In inglese il fenomeno si chiama “job to job transition“. A mostrarlo sono i numeri italiani che ci portano al mondo del lavoro 2022, analizzati da “La voce” attraverso i dati provenienti dal ministero del lavoro. Ma chi si dimette di più?
Lavoro 2022, le grandi dimissioni: un identikit
L’identikit è presto fatto, ed è diverso da quanto accade negli USA. A dare le dimissioni sono più spesso:
- Uomini;
- Over 50;
- Con diversi titoli di studio;
- Specializzati soprattutto nel settore delle costruzioni (più del 25% delle dimissioni provengono da lì).
Le ultime misure prese dal governo (come il Superbonus 110%) hanno drogato il mercato, mettendo il settore sotto grande pressione. Siamo arrivati quindi a un +52% di dimissioni nel settore rispetto al 2020 (studio Brunetta-Tiraboschi). Allo stesso modo c’è un enorme aumento delle dimissioni tra medici e infermieri. Si parla del 400% in più nell’ultimo anno; inutile dire che la situazione Covid ha inciso tantissimo in questi numeri.
Per il primo semestre del 2022 sono state registrate oltre 600.000 dimissioni volontarie. I dati sono stati raccolti dall’Inps nell’ultimo Osservatorio sul precariato. A mancare è quel legame “affettivo” tra azienda e lavoratore che quindi ora fa emergere tutte le criticità di una realtà tossica, in particolare la consapevolezza di un lavoro fine a sé stesso, non legato a interessi personali o a possibili scatti di carriera o obiettivi futuri.
Lavoro 2022, resta il peso del “mancato incontro”
- 233.000 posti mancanti;
- oltre 400.000 posizioni aperte nelle aziende;
- Mancati introiti per 21 miliardi di euro, oltre l’1% del PIL;
- Il tutto mentre in Italia abbiamo 2,3 milioni di disoccupati e i 13,5 milioni di inattivi.
Numeri impietosi arrivano anche dall’osservatorio di Bruxelles sul sistema italiano. L’Italia è agli ultimi posti in Europa per percentuale di occupati tra giovani, donne e stranieri e per numero di NEET (persone che non studiano, non lavorano e hanno anche smesso di cercare un’occupazione).
La soluzione per il lavoro 2022 è un aggiornamento delle strategie delle risorse umane, formato apposta per le nuove generazioni. Non si tratta solo di aumentare gli stipendi; ci vogliono opportunità di crescita, percorsi di formazione e flessibilità in luoghi e orari e soprattutto il rispetto dei tempi non lavorativi e della vita privata. Se un lavoro non dà benessere, allora è meglio licenziarsi: è quanto viene fuori dall’ultimo Randstad Workmonitor, l’indagine semestrale di Randstad (leader mondiale nei servizi per le risorse umane) sul mondo del lavoro condotta in 34 Paesi, su un campione di circa 800 lavoratori per ciascuno, di età compresa tra i 18 e i 67 anni.
Lavoro 2022: quali sono i numeri della domanda e dell’offerta
A fine 2021 i settori che avevano maggiormente aumentato la loro richiesta di personale erano:
- Il settore ristorativo-alberghiero, con una impennata nell’ultimo quadrimestre del 2021 e nel 2022 le cose sembrano aumentare ancora di più. Secondo Fipe/Confcommercio mancano 150.000 lavoratori nel settore della ristorazione. Tra questi 120.000 sarebbero a tempo indeterminato;
- Subito dopo il settore dei servizi alle imprese (cioè tutto quello che riguarda il terziario);
- Poi le attività manifatturiere (quelle che si occupano della lavorazione delle materie prime);
- Infine il commercio e le costruzioni;
Gli ultimi aggiornamenti vengono dal Bollettino del Sistema informativo Excelsior, realizzato da Unioncamere (Unione italiana delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura) e Anpal (Agenzia Nazionale delle Politiche Attive del Lavoro), che elabora le previsioni occupazionali di maggio. Nonostante l’indebolimento della crescita, mancano 440.000 posti di lavoro.
A tirare soprattutto il settore dei servizi al turismo e alle persone. A gettare benzina sul fuoco, anche l’ex ministro del turismo, Massimo Garavaglia, che in un question time alla Camera ad aprile ha detto: “Mancano 250.000 lavoratori nel settore del turismo. Bisogna rivedere il reddito di cittadinanza e finalizzarlo al mondo del lavoro!”
Lavoro 2022, i posti più cercati: caratteristiche e identikit
Ancora una volta a trainare tutto è il mondo del digitale, ma non bisogna soffermarsi all’apparenza. Le posizioni richieste sono sempre più specialistiche e richiedono un’importante visione verso il futuro. Si passa dal lavoro sugli algoritmi di apprendimento alla costruzione di ambienti in cloud, alla lettura e gestione dei big data. In top ten compaiono, tra l’altro, due tendenze molto presenti nel 2021: sostenibilità e cibersicurezza. Non manca poi chi dovrà lavorare sui rapporti umani; ma anche qui le specifiche si fanno molto interessanti.
Cresce la domanda per lavori legati alla ricerca di talenti e all’ottimizzazione delle competenze già presenti in azienda. Il nuovo ordine sembra quello di puntare all’eccellenza e trattenerla quanto più è possibile.
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Lavoro 2022, non solo digitale: il posto più cercato nell’enogastronomia
Non a caso il settore mixology, di cui i bartender sono ambasciatori, è sbarcato per la prima volta a Vinitaly. L’ultima tendenza? La ricerca di una maggiore percentuale di vino nei cocktail, in un compromesso tra il vino puro e i superalcolici.
Lavoro 2022, non solo digitale: l’importanza della formazione
Una formazione completa in questo campo assicura l’ingresso in un mondo del lavoro fortemente in espansione. A fine 2021 gli analisti prevedevano una crescita dell’8% annuo nelle richieste di bartender; ebbene le notizie di inizio anno sembrano confermare tutto. I bagni della Versilia, tra i primi a riaprire, hanno messo i bartender al centro delle loro richieste. E non mancano le aziende che colgono la palla al balzo. L’esempio più eclatante è quello di Bacardi, che dal 2018 investe sul bartending con il corso Shake Your Future.
Il progetto, che ha visto la prima edizione in Francia nel 2018, ha avuto un tale successo da estendersi anche in Italia e Spagna nel 2021. In Italia il progetto si è svolto in collaborazione con la European Bartender School e con la scuola di bar Sweet & Sour di Torino e promette di fare da apripista a uno dei lavori più cercati nei prossimi anni.