Assorbenti, donne e mestruazioni tabù e troppe chiacchiere. In Italia così nel mondo, il ciclo mestruale è ancora qualcosa di cui non parlare. O meglio, qualcosa di cui parlare e da vivere con riservatezza. L’esempio più agghiacciante è rappresentato dalla senatrice keniana Gloria Orbowa. Invitata a lasciare l’Aula per una macchia di sangue sul cavallo dei pantaloni. La sua risposta? Distribuire tamponi gratis e non fermare la sua protesta di legge sul tema.
Mestruazioni tabù sconcertanti: la senatrice Gloria Orbowa cacciata dall’Aula per una macchia di sangue
Un giorno come un altro, o quasi. Ci sono giorni per le donne che non sono uguali agli altri. Giorni in cui il corpo femminile è sottoposto a crampi, dolori, sanguinamento, mal di testa, stanchezza, spossatezza e tanto e troppo altro. Per alcune dura al massimo due giorni, per altre cinque. Per altre ancora, invece, dura di più. Molto di più. Ci sono donne che soffrono prima del ciclo mestruale e ancora dopo. Ci sono donne che, durante quei giorni, non riescono a muoversi dal dolore. Quei giorni si ripetono per ogni mese, eppure si continua a ignorare la necessità di comprendere di non trattare il ciclo mestruale come un tabù. Perché in tale maniera viene ancora vissuto e affrontato, soprattutto da coloro che non possono comprenderne l’intensità.
Sul ciclo mestruale delle donne ci sono tanti fattori che non vengono considerati. Il costo degli assorbenti, la possibilità di accedere ai farmaci, alle cure, finanche ai detergenti intimi. Nei paesi occidentali non è scontata l’assistenza. Nei paesi del resto del mondo, non è scontata nemmeno la possibilità di accedere ai tamponi. In Africa, in particolare in Kenya, la senatrice Gloria Orbowa è un attivissima sostenitrice dei temi e dei diritti che riguardano la salute mestruale nel suo paese. Una nazione in cui il tabù culturale sul ciclo mestruale l’hanno spinta a dover abbandonare l’Aula del Senato perché sporca di sangue. Prima di entrare in Senato, la senatrice, vestita di un completo bianco, si è accorta di avere una macchia di sangue sul cavallo dei pantaloni. Entrata in Aula, è stata espulsa dal presidente Amason Kingi, perché il suo abbigliamento risultava indecoroso.
Il caso della senatrice Gloria Orwoba e la lotta per la period poverty
La senatrice Gloria Orwoba ha ricevuto molte critiche e troppi commenti sprezzanti, oltre che giudicanti, per la macchia sui pantaloni. I commenti sono arrivati non solo dai colleghi uomini, come il senatore Sen Enoch Wamba: “Abbiamo mogli e figlie, anche loro hanno il ciclo, ma si tratta di un’esperienza che va vissuta in modo personale, senza essere esposta. Quello che la senatrice Orwoba ha portato in quest’aula è una disgrazia, è una vergogna. Non può più succedere”. Anche alcune donne hanno detto la loro, come la senatrice Tabitha Mutinda, collega di partito, che ha additato la collega di aver compiuto un’indecenza, un cattivo esempio per le giovani donne. Gloria Orwoba, però, è tutt’altro che un cattivo esempio da seguire. Dopo l’espulsione, la senatrice ha dichiarato ai microfoni della BBC: “Dal momento che mi schiero sempre contro la vergogna delle mestruazioni, ho pensato che avrei dovuto andare avanti e parlare”
La senatrice, esponente della United Democraticizzazioni Alliance, Uda, dal 2017 porta avanti una lotta per permettere di distribuire in forma gratuita, assorbenti nelle scuole. Prima di lasciare l’aula, la donna si è detta scioccata: “Stiamo spingendo per porre fine alla pandemia-ombra che in realtà sono lo stigma connesso al ciclo mestruale e il mancato accesso ai dispositivi medici a causa della povertà; una delle cose su cui sto cercando di far legiferare è la fornitura di assorbenti igienici gratuiti a tutte le ragazze che vanno a scuola”. Lasciata l’aula, la senatrice non si è cambiata d’abito, anzi si è diretta in una scuola nella capitale, Nairobi, per distribuire assorbenti gratuiti. Nell’Africa subsahariana, oltre il 65% delle ragazze non può comprare assorbenti igienici a causa dell’ingente costo.
Sulle mestruazioni tabù ancora invalidanti, a che punto siamo nel mondo e in Italia?
In Kenya, la lotta della senatrice Gloria Orwoba è non soltanto un’azione volta a sensibilizzare e ad abbattere i tabù legati al ciclo mestruale, ma anche una denuncia del fatto che tali tabù coinvolgono diverse sfere della vita delle donne. Molte ragazze abbandonano gli studi a causa dell’ingente vergogna provata dall’avere il ciclo. Un evento fisiologico che si tramuta in un problema, sociale e insieme psicologico. Nel 2019, una ragazza di Kabiangek, in Kenya, si tolta la vita dopo che un insegnante l’aveva umiliata perché le mestruazioni erano arrivate mentre era in classe. Un tabù che non si discosta molto in Europa, nel mondo occidentale. Quello che per autocompiacimento si considera “evoluto”. Di evoluzione c’è ben poco, dal momento che il ciclo mestruale viene ancora narrato con estremo pudore. La figura della donna, in generale, è quanto mai controversa nel mondo. Si attacca l’aborto, si favorisce la natalità, si parla di indipendenza e forza delle donne, ma guai a parlare del loro ciclo.
In Italia, il 27,4% delle donne prova disagio e imbarazzo a parlare di mestruazioni. Il 23,6% le considera invalidanti. Per non parlare del costo degli assorbenti, che tassati raggiungono prezzi da capogiro. Per un bene sanitario, urgente, necessario. Un prezzo che, come in Kenya, così in Etipia, così in Nepal, così nell’America latina, così come in gran parte del globo impedisce alle donne di poterne usufruire. Per non parlare di congedo mestruale. Nel mondo, soltanto la Spagna è all’avanguardia, concedendo dai 3 ai 5 giorni di congedo pagato. In Italia, nessuna legge, nessuna azione da parte di alcuna azienda. Soltanto due scuole, due licei di Ravenna e Torino, non contano le assenze delle studentesse per motivi legati al ciclo mestruale. Di passi da fare ce ne sono troppi, ma la prima azione sarebbe smettere di fare i finti moralisti, i puritani, sconvolgersi per la fisiologia umana. Perché ciò che dovrebbe sconvolgerci non è una macchia di sangue sul cavallo dei pantaloni, ma la nostra natura controversa e bigotta, oltre che incurante dei disagi e dei problemi diversi da quelli che viviamo in prima persona.