Pensioni giovani: ventenni, trentenni e quarantenni sono lontani dall’età pensionabile. E chi ci arriva, potrebbe recepire un assegno povero. È questa la generazione della “Quota zero”: un vasto esercito di precari, giovani e meno giovani, che vivono nell’instabilità. Nel migliore dei casi, i baby boomer dei nostri giorni potrebbero vedere la pensione dopo il 2050. Cioè, dopo la soglia dei 70 anni.
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Pensioni giovani: cosa sta accadendo al mondo del lavoro?
Pensioni giovani – Mentre il Governo è impegnato a discutere tra Quota 100 e Legge Fornero, in Italia è sempre più dilagante il fenomeno della “Quota zero”. È un vasto insieme di cittadini, giovani e meno giovani, riconosciuto anche come “Fuori quota” o “Senza Quota”. A questo gruppo, messo nel dimenticatoio, appartengono tutti coloro che vanno dai 18 ai 40 anni. I ventenni risultano precari, i trentenni e i quarantenni sono sottopagati.
La generazione della “Quota Zero” vive in uno stato di flessibilità precaria, dove mini contratti e paghe irrisorie sono un costante ostacolo alla carriera. Questo mix genera insicurezza e ritardo nell’accumulo dei contributi. È per questo motivo che la pensione diventa sempre di più un miraggio.
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Pensioni giovani: oltre i 70 nel migliore dei casi
In caso di carriera discontinua e con vuoti contributivi, o con la fine del lavoro a 60 anni, l’assegno pensionistico crollerebbe al 40%.
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Pensioni giovani: oltre il 2050?
I nati dopo il 1996, rispetto ai predecessori, non hanno quota, né integrazione al minimo. Per la pensione, riceveranno un assegno pari al 60% del loro ultimo stipendio. Nel caso in cui l’assegno fosse basso per mancanza di contributi, dovranno lavorare alcuni anni in più. In poche parole, chi guadagna di più tenderà a lavorare di meno; chi guadagna di meno, invece, sarà costretto a lavorare di più se vuole avere un assegno più dignitoso.
I venticinquenni di oggi dovranno andare in pensione quattro anni dopo. L’età di uscita oscillerà, quindi, tra i 71 e i 77 anni di età.