Al Cotugno di Napoli partono le terapie con plasma iperimmune per il trattamento delle polmoniti da Covid-19. Dopo la riunione del Comitato etico dell’Azienda Ospedaliera Universitaria “Luigi Vanvitelli” e dell’Azienda Ospedaliera dei Colli, presieduto dal professore Liberato Berrino, si è dato il via libera alla sperimentazione presso il nosocomio. Per maggiori chiarimenti sull’andamento della sperimentazione al Cotugno – il protocollo Tsunami – abbiamo chiesto un dettagliato approfondimento proprio al prof. Berrino, ordinario di Farmacologia alla Scuola di Medicina e Chirurgia dell’Università Vanvitelli.
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Plasma iperimmune al Cotugno: parola al prof. Berrino
Professore Liberato Berrino, ci spiega nello specifico in cosa consiste il trattamento con il plasma iperimmune?
“La terapia con plasma iperimmune è una terapia sperimentale nell’ambito del Covid-19. Questo genere di trattamento viene impiegato in mancanza di farmaci specifici e vaccini. In pratica, utilizziamo gli anticorpi prodotti dopo un’infezione e che si trovano nel sangue. Più nel dettaglio, il plasma è la parte liquida del sangue – privata delle cellule (globuli bianchi e rossi, piastrine) – che contiene acqua, sali minerali e molte proteine tra cui gli anticorpi prodotti dai linfociti in risposta a un’infezione. In questo caso si utilizzano gli anticorpi prodotti dal soggetto che ha avuto l’infezione dal Coronavirus (SARS-Cov-2) ed è successivamente guarito. La terapia prevede dunque il prelievo di sangue dal paziente guarito, da cui si ricava il plasma ricco di anticorpi (plasma iperimmune) che si somministra al paziente affetto dall’infezione. Il tutto solo dopo un’attenta verifica della qualità del prodotto, che deve garantire un elevatissimo livello di sicurezza”.
La considera una terapia efficace? Che vantaggi può offrire in questo momento storico?
“Sulla base dei dati che abbiamo finora in letteratura sul plasma iperimmune – terapia sperimentale per il Covid, ma già effettuata per molte altre infezioni come Ebola, SARS e influenza suina – le aspettative sono promettenti. È doveroso sottolineare che i dati sono attualmente limitati. Non abbiamo ancora una dimostrazione con un numero di pazienti trattati tale da poter dire che è sicuramente efficace. In ogni caso i test finora condotti – soprattutto in Cina – sono positivi. È stato dimostrato un miglioramento dell’infiammazione, dei problemi respiratori e della mortalità. Non a caso lo studio che abbiamo approvato come Comitato etico, denominato Tsunami – acronimo di TranSfUsion of coNvaleScent plAsma for the treatment of severe pneuMonIa due to SARS.CoV2 – fa parte delle sperimentazioni che nel mondo mirano ad accrescere la numerosità dei dati. In questo modo si potranno dare risposte sulla reale efficacia della terapia”.
“Inoltre, l’AIFA e l’ISS hanno deciso di riunire gli studi sperimentali con plasma da paziente convalescente a livello nazionale, unificando i due studi sull’argomento che si stanno conducendo in Italia e coordinati dal Policlinico San Matteo di Pavia e dall’Azienda Ospedaliero – Universitaria di Pisa. Le due sperimentazioni – che erano partite in maniera separata – sono state riunificate il 15 maggio e adesso c’è un’unica sperimentazione su tutto il territorio. A essa partecipano 56 Centri (tra i quali il Cotugno) distribuiti in 12 Regioni”.
È già cominciata la sperimentazione al Cotugno?
“Abbiamo approvato la sperimentazione Tsunami il 7 maggio. Fino a qualche giorno fa non erano ancora stati reclutati pazienti. Siamo ancora in una fase di reclutamento dei donatori e di preparazione del plasma. Anche i pazienti riceventi devono rispondere a tutti i requisiti clinici stabiliti dal protocollo – tra i quali essere affetti da polmonite da almeno 10 giorni – per far sì che i dati risultanti siano utilizzabili ai fini della valutazione dell’efficacia del plasma”.
Esistono dei rischi per questo tipo di terapia?
“Ci sono sempre dei rischi legati all’utilizzo degli emoderivati. Possono provocare nel soggetto reazioni di ipersensibilità, e quindi anche shock anafilattico. In casi rari possono verificarsi eventi avversi più specifici, legati al meccanismo d’azione. Inoltre, se il prodotto non è garantito con alti livelli di sicurezza, potrebbe essere a sua volta causa di trasmissione di altre infezioni virali. Tuttavia, sulla base agli studi pubblicati finora non sono stati registrati eventi avversi gravi, se non in bassa percentuale”.
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Modalità di reclutamento dei donatori
“In sostanza, i donatori sono prevalentemente gli stessi pazienti che la struttura ha seguito. Attraverso i follow-up a cui sono stati sottoposti possono essere individuati come potenziali donatori. Poi bisogna verificare che abbiano tutti i requisiti di idoneità per procedere, compresa un’adeguata cosiddetta carica neutralizzante. Non tutti i soggetti convalescenti infatti sviluppano una quantità di anticorpi attivi e specifici contro il Coronavirus. Bisogna dunque analizzare la qualità del plasma in termini di concentrazione degli anticorpi neutralizzanti. Altre variabili sono l’età e le eventuali patologie preesistenti”.
“Lo studio Tsunami prevede una serie di paletti per selezionare i donatori. Un aspetto interessante di questa metodica è che utilizzando donatori locali si riescono a isolare e somministrare gli anticorpi più specifici per il ceppo locale, qualora si fossero verificate delle differenze territoriali nella tipologia di Coronavirus tra le varie aree colpite dalla pandemia. Questo periodo può essere visto anche come un’occasione per preparare una scorta di plasma nell’ipotesi sciagurata che ci sia una ripresa dell’epidemia. Un’ulteriore arma in nostro possesso per poter vincere questa battaglia“.