Napoli, lavoratori portuali rifiutano carico di armi per conflitto Israele-Hamas

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Porti rifiutano armi Israele

Porti rifiutano armi Israele – Contro la guerra e le uccisioni di innocenti, si sono schierati i porti italiani di Napoli, Livorno, Ravenna. I lavoratori sono venuti a conoscenza dell’imbarcazione di container con materiale bellico, destinati al porto israeliano. “Si rifiuteranno di caricare armi, esplosivi o altro materiale bellico che possano alimentare il conflitto tra Israele e Hamas”. Così hanno dichiarato i rappresentati sindacali portuali.

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Porti rifiutano armi Israele: “Le nostre mani non si sporcheranno di sangue”

Porti rifiutano armi IsraelePorti rifiutano armi Israele – È successo a Napoli, nella zona del porto industriale. I lavoratori hanno saputo che alcuni container celano del materiale bellico. Le armi in questione sono destinate ai porti Israeliani, utili al conflitto tra Israele e Hamas. La tipologia degli armamenti non viene mai esplicitata chiaramente. Tuttavia, nei porti si conoscono bene i codici e il loro contenuto di riferimento. È così che i sindacati si sono mobilitati, insieme ai lavoratori, per dire “stop”.

Le nostre mani non si sporcheranno di sangue per le vostre guerre”. Così si è espresso il sindacato S.I. Cobas del porto napoletano. E dopo Napoli, anche i sindacati di altri porti, come quello di Livorno e di Ravenna, sono insorti per dire stop ai conflitti. “I lavoratori del porto si rifiuteranno di caricare armi, esplosivi o altro materiale bellico che possano alimentare il conflitto tra Israele e Hamas. Non vogliono essere complici nell’alimentare una guerra che sta mietendo soprattutto vittime civili in quel tremendo teatro di guerra”. Perciò, i lavoratori portuali impediranno le operazioni di imbarco di materiale bellico.

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Porti rifiutano armi Israele: “Una questione etica e morale”

Porti rifiutano armi IsraelePorti rifiutano armi Israele – “C’è in ballo sia una questione etica e morale rispetto all’operare su navi che trasportano morte. Sia una questione di sicurezza nell’ambito lavorativo in cui operiamo. È chiaro che lavorare non vuol dire non pensare a quello che uno effettua materialmente quando lavora. Quindi non vogliamo essere complici di un utilizzo del porto a fini di guerra”. Così ha affermato Massimo Mazza, sindacalista Rru Usb dell’Agenzia per il lavoro in porto.

Tutte le volte che avremo conoscenza di carico, scarico o di passaggio di armamenti all’interno del nostro porto interverremo, faremo intervenire gli organi competenti e qualora si arrivasse comunque al carico e scarico cercheremo di rifiutarci, di dichiarare se necessario anche sciopero”. Queste le parole di Giovanni Ceraolo, coordinatore dell’Usb del porto di Livorno.

Oltretutto, per sostenere lo stop alla vendita di armi, c’è l’associazione Weapon Watch. L’organizzazione è nata per far luce sullo spostamento di materiale bellico nei porti italiani. Nel paese, infatti, i documenti relativi alla movimentazione di armi sono sempre poco accessibili e non vengono mai resi pubblici.

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