La Sla è una patologia neurodegenerativa (leggi l’articolo: Alzeheimer, nuovi e importanti sviluppi verso possibili cure) scientificamente definita come Sclerosi laterale amiotrofica, o, per il soggetto colpito: Senza libertà alcuna. Sì, perché questa malattia invalidante imprigiona il malato nel suo stesso corpo, rendendolo impossibilitato al movimento e alla vita. Si tratta di una degenerazione delle cellule nervose addette al controllo dei muscoli, che progressivamente comporta una compromissione della muscolatura volontaria, fino alla paralisi. Ma oggi nuove scoperte stanno accendendo grandi speranze nel trattamento della Sla.
Sla: in una proteina mutata il vero colpevole
Come descritto dalla rivista scientifica Communications Biology, un’innovativa tecnica di microscopia ideata dal Center for Life Nano Science dell’Istituto Italiano di tecnologia (Iit) presso l’università Sapienza di Roma, ha “aperto gli occhi” sulla causa della Sla: una proteina mutata.
Le tecniche di microscopia ottica messe a punto all’lit sfruttano un altissimo contrasto per poter individuare elementi davvero minuscoli. È stato così possibile osservare meglio gli aggregati proteici che si formano all’interno dei motoneuroni danneggiati dalla Sla. In queste strutture è stata verificata e monitorata l’attività di tutte le proteine, e sono emersi significativi risultati.
La proteina mutata, responsabile della formazione degli aggregati, fortemente implicati nella progressione della patologia, si chiama Fus. Questo peptide causerebbe nella cellula ospite l’irrigidimento e la viscosità delle strutture cellulari, alterandone inevitabilmente la conformazione. I motoneuroni dunque, vittime degli aggregati proteici tossici, ne risultano fortemente danneggiati, e inevitabilmente, muoiono.
La nuova tecnica permette di analizzare meglio le formazioni dei granuli responsabili di diverse malattie neurodegenerative. Il coordinatore della ricerca messa a punto all’lit, Giuseppe Antonacci, è stato molto chiaro sui risvolti positivi della scoperta: “apre importanti orizzonti sul fronte della ricerca sulla Sla”. Migliorare l’osservazione dei meccanismi patologici che stanno alla base della patologia vuol dire migliorare le diagnosi, e dunque le cure. Ciò fornirà indicazioni indispensabili per la formulazione di nuovi assetti farmacologici, più mirati ed efficaci contro la malattia.