Il Coronavirus ci ha costretto a rimodulare spazi, tempi e abitudini per far fronte all’emergenza sanitaria. Molti lavoratori hanno dovuto “portare l’ufficio a casa”. La quarantena e il distanziamento sociale hanno reso necessario lo smart working o lavoro agile. Si tratta di una modalità operativa – già in vigore da diversi anni – che consente al lavoratore di svolgere la sua attività anche da remoto, secondo un’organizzazione per fasi, cicli e obiettivi. Tale intesa tra dipendente e datore di lavoro consente all’individuo di conciliare vita privata e lavoro, con flessibilità e senza vincoli di orario o sede.
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Smart working per tutto il 2020
A stabilirlo è il Parlamento, che ha dato il via libera alla conversione del Decreto Rilancio. Anche il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha confermato la tendenza, annunciando la proroga dello stato d’emergenza fino al 31 dicembre. La preoccupazione, infatti, è che con l’arrivo dell’autunno si possa assistere a un nuovo picco di contagi. Lo smart working, quindi, è la modalità operativa preferita per il 2020, sia durante la fase acuta dell’emergenza sia in quella successiva di convivenza col virus. A partire dal 2021 inoltre tale misura diverrà strutturale, grazie a una riforma sul lavoro.
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Smart working e tutele
Inquadrare lo smart working come modalità operativa stabile richiederà anche una necessaria regolamentazione, con una definizione delle tutele dei lavoratori. Si è parlato soprattutto di “diritto allo spegnimento”. Questo nell’ottica di consentire una netta separazione della vita privata da quella professionale che correrebbero il rischio di confondersi e sovrapporsi.
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Smart working… alle Barbados
“Non avete bisogno di stare in Europa, negli Stati Uniti o in America latina se potete venire qui per un po’. Potete andare e tornare” ha detto il primo ministro. La sua proposta è quella di offrire un visto gratuito di 12 mesi per andare e venire dal Paese. Se non occorre stare in ufficio per lavorare, perché non lasciarsi tentare?Â