Stati Generali per far fronte alla crisi causata dall’emergenza Coronavirus. Questa l’idea lanciata dal premier Giuseppe Conte durante la sua ultima conferenza stampa del 3 giugno scorso. La prima riunione è prevista per domani, 12 giugno 2020, a Villa Doria Phampili a Roma. Tra dubbi e perplessità – soprattutto dall’opposizione – sono in tanti a chiedersi: cosa sono? Ma soprattutto, a che servono? Facciamo chiarezza su questa speciale “convocazione”.
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Stati Generali: cos’erano e cosa sono oggi
Gli Stati Generali erano un organo di rappresentanza collegiale strutturatosi nel Regno di Francia prima della rivoluzione del 1789. Nato come uno strumento di limitazione del potere monarchico, l’assemblea degli Stati Generali coinvolgeva i rappresentati di tutti e tre gli ordini – o, per l’appunto Stati – alla base della società francese: clero, nobiltà e terzo Stato (la piccola e grande borghesia). Furono convocati per la prima volta il 10 aprile del lontano 1302, dal re Filippo il “Bello”. Si riunirono invece per l’ultima volta proprio nel 1789, quando divennero un’Assemblea nazionale costituente.
Tornando invece a oggi, quali sono gli Stati Generali convocati da Conte? Si tratta di parti sociali – sindacati, Confindustria, Confcommercio, Confagricoltura e Pmi – soggetti economici e rappresentanti politici chiamati in riunione per confrontarsi in maniera più diretta sull’attuale situazione italiana. Gli Stati Generali di oggi sono dunque una serie di “incontri” tra gli esponenti politici, economici e sociali del nostro Paese. Tutti gli “Stati” in gioco, insieme anche a “singole menti brillanti” contribuiranno al lavoro già iniziato dal comitato tecnico-scientifico, con un unico obiettivo: rimettere in piedi l’Italia.
Il primo incontro: le opposizioni
• Matteo Salvini della Lega reagisce con sarcasmo: “Non so ancora nulla, non so dove, come, quando e perché, poi vado, per carità”;
• Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia non tarda a fa presente alcune perplessità: “Non ho capito bene che cosa siano. Mi pare che ci sia enorme confusione”.
Berlusconi si discosta invece dalle critiche e sembra ben propenso a partecipare alla riunione: “Sono sicuro che si debba andare. Decideremo una linea comune e parteciperemo a un appuntamento che, pur tardivamente, va nella strada che abbiamo indicato. Speriamo che stavolta l’ascolto non sia soltanto formale”.