Stefano Cucchi sentenza definitiva della Cassazione. Dopo la morte del giovane nel 2009 oggi la condanna a 12 anni per due dei carabinieri coinvolti. L’accusa è di omicidio preterintenzionale. La sorella Ilaria Cucchi festeggia finalmente alla giustizia fatta.
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Stefano Cucchi sentenza dopo 13 anni
Stefano Cucchi è stato ucciso di botte dai Carabinieri che lo arrestarono quella notta del 15 ottobre del 2009 per possesso di droga. È quanto ha confermato la sentenza della Cassazione nel tribunale di Roma nella giornata di ieri. I due carabinieri colpevoli di pestaggio, Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro sono stati condannati a 12 anni di reclusione. Uno in meno di quello stabilito dalla Corte d’Asse d’Appello e richiesto anche ieri dalla difesa. Rinviato invece l’appello per la rideterminazione della pena di Roberto Mandolini e Francesco Tedesco. Altri due componenti delle Forze dell’Ordine presenti al momento del pestaggio e accusati di aver dichiarato il falso riguardo ai fatti di quella sera.
Tedesco era stato il primo ad aver ammesso che Cucchi era stato pestato quella sera raccontando per la prima volta i dettagli del pestaggio. È iniziato quando Cucchi si era rifiutato di farsi prendere le impronte. Di Bernardo avrebbe lanciato il primo schiaffo a Stefano che sarebbe poi stato colpito da D’Alessandro “all’altezza dell’ano con un calcio”. Colpi a raffica che sono continuati da parte dei due accusati anche mentre Cucchi era riverso a terra e che si sarebbero fermati solo dopo l’intervento di Tedesco.
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Stefano Cucchi sentenza, le parole della sorella
Alla sentenza presente Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, seduta in prima fila. Se oggi la Cassazione è arrivata a questa decisione è stato grazie al suo sangue freddo di fotografare il corpo martoriato del fratello in obitorio e a continuare a porre attenzione sulla vicenda per tutti questi anni. “È stato ucciso di botte. Giustizia è stata fatta nei confronti di loro che ce l’hanno portato via. Devo ringraziare tante persone. Il mio pensiero in questo momento va ai miei genitori che di tutto questo si sono ammalati e non possono essere con noi. Va ai miei avvocati Fabio Anselmo e Stefano Maccioni e un grande grazie va anche al dottor Giovanni Musarò che ci ha portato fin qui”.