Strage famiglia uccisa per l’eredità. Il killer è il fratello del capofamiglia ucciso. L’uomo dopo aver ucciso fratello, cognata e nipotini si è sparato. È morto in ospedale dopo il colpo che si è inflitto lui stesso alla testa. L’uomo aveva il porto d’armi regolarmente certificato.
È accaduto a Licata in provincia di Agrigento, l’assassino Angelo Tardino di 48 anni si sarebbe nella mattinata di ieri recato a casa del fratello Diego di anni 45. Angelo sarebbe andato in campagna dal fratello per discutere della distribuzione delle terre lasciate in eredità del padre. La loro famiglia infatti possiede diversi campi coltivati con primizie. Al culmine dell’ennesima lite tra i due per la spartizione dei beni, Angelo avrebbe estratto una calibro 9 e avrebbe sparato al fratello. In seguito avrebbe ispezionato la casa uccidendo anche la cognata, il nipote di 15 anni e il secondo nipote di 11. Quest’ultimo è stato trovato dai carabinieri sotto il letto avvolto dentro ad una coperta. L’uomo si sarebbe poi allontanato dalla scena del crimine in macchina. I carabinieri sarebbero stati allertati dalla moglie dell’assassino, nonché dai vicini di casa che hanno sentito la lite e successivamente gli spari.
Strage famiglia: l’uomo tenta il suicido mentre è a telefono con i Carabinieri
Le Forze dell’Ordine dopo essere stati alterati dalla moglie dell’uomo, sono riusciti a contattare il 48enne a telefono. Quest’ultimo si trovava in macchina subito dopo aver sterminata la famiglia di suo fratello. I Carabinieri a telefono avrebbe tentato di persuadere l’uomo a costituirsi. Il 48enne però durante la conversazione si è puntato la pistola alla testa e si è sparato. I Carabinieri lo hanno trovato in fin di vita, ma ancora vivo. L’uomo è poi morto in ospedale prima ancora di essere ammesso in rianimazione. La comunità di Linate è sconvolta dalla vicende e dichiara il lutto cittadino. Il vicesindaco Antonio Montana ha rilasciato un breve dichiarazione. “Personalmente non riesco a trovare una ragione per la tragedia che si è verificata. Ma in questi casi non ci sono ragioni razionali per giustificare. Conosco dei parenti delle vittime e so che sono gente perbene, grandi lavoratori”.