L’Area 6 del comune di Pomigliano d’Arco (l’Ufficio Tecnico ndr) nel mirino del Tribunale Amministrativo di Napoli, il quale, pur avendo accolto una parte delle istanze del comune, ha di fatto ribaltato il fondamento di tutti gli ultimi sequestri dei cantieri edili e l’avvio all’annullamento dei relativi permessi a costruire e cioè: il concetto di volume assentibile.
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Le sentenze del TAR
Che succede ora? Paradossalmente il sacrificio di uno rappresenterà la salvezza di tanti altri cantieri in essere, sequestrati, dissequestrati e/o fabbricati completati. Perché? Perché la sentenza in questione rappresenterà il centro di gravità di tutte le opposizioni, ricorsi, richiesta di risarcimento e via dicendo che si andranno a formalizzare nel prossimo futuro. E ovemai venisse dimostrata la pretestuosità di certe condotte illegittime da parte dell’Ufficio Tecnico del Comune di Pomigliano, che di concerto con la Locale Polizia Municipale, sono i protagonisti di questa infuocata stagione pomiglianese, le conseguenze potrebbero essere ben più dolorose e ricadrebbero sulla cittadinanza intera, vista l’italica difficoltà di perseguire le responsabilità oggettive dei dipendenti pubblici.
Da tempo entrambi concentrati, rispettivamente, su di una profonda critica all’eccessiva libertà e generosità del cosiddetto Piano Casa e su di una lotta senza quartiere alle presunte presenze mafiose nell’economia del cemento, hanno finora portato a un selezionato numero di sequestri, avvii ai procedimenti di annullamento dei permessi a costruire che purtroppo hanno interessato solo una parte della miriade di permessi rilasciati con tale legge, facendo ipotizzare da parte dell’opinione pubblica e degli addetti ai lavori la volontà da parte dell’amministrazione, non tanto di portare ordine nel corto circuito della legislazione urbanistica applicabile, quanto nel colpire solo alcuni, perimetrando l’attività nel border della presunta presenza mafiosa più volte sbandierata.
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Cosa sta succedendo veramente?
Tuttavia, la ragione del rigetto del ricorso che si legge nel dispositivo, è irrilevante rispetto a ciò che invece è precisato, in maniera dirimente, nelle motivazioni della sentenza stessa.
Facciamo un passo indietro, anche per rimettere un po’ di ordine nella cronologia degli eventi faziosamente alterati da una “certa stampa” ormai nota per la costante abitudine di alterare la verità ingenerando solo confusione nei lettori.
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Cronistoria di una vicenda infinita
A seguito dell’annullamento del titolo edilizio, la società ripresenta nuova istanza di permesso di costruire in base ai parametri indicati dallo stesso CTU nella relazione depositata al TAR. Anzi, il progetto presentato, a quanto si legge nell’ultima sentenza, è addirittura dimensionalmente inferiore a quanto stabilito dall’Architetto Conforti, CTU del Tribunale Amministrativo.
Nonostante tutto, L’Ufficio Tecnico del comune, (il dirigente dell’Area 6 ndr) incurante delle indicazioni pervenute dal TAR, diniega l’accoglimento dell’istanza di “Permesso di Costruire”, per violazione del NTA art. 31 giacché “il calcolo effettuato utilizza la premiabilità riservata agli interventi di sopraelevazione in sagoma, peraltro applicando una formula derivata che non trova riferimenti né nelle norme tecniche né nel regolamento edilizio“.
Infine, a questo diniego è stato proposto il ricorso.
E proprio nell’ultima sentenza, relativa a questo ricorso, che il Giudice rimarca, nelle motivazioni, che il volume realizzabile da Piano Casa, edificabile in virtù di PRG e ammissibile, indicati nel nuovo progetto, siano “nettamente inferiori a quelli indicati dal CTU” e “consentiti” secondo le indicazioni di quest’ultimo.
Due anni di sforzi immani per dimostrare che nulla di irregolare si stava facendo.
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Norma distorta o Norma non distorta? È questo il dilemma…
È questa la motivazione per cui si chiede con insistenza di verificare tutti i permessi di costruire rilasciati in virtù di PRG e Piano Casa.
All’inerzia dell’Amministrazione che accende forti dubbi sull’imparzialità nei confronti dei cittadini, si tenta di contrapporre la dimostrazione della univoca interpretazione della norma che, in maniera palesemente discrezionale, viene contestata, ahimè, solo a pochi.
L’acme del surrealismo e della faziosità di cui è figlia tutta questa vicenda sta nella ormai famosa ode al fatalismo più becero… “È nella vita”! come affermò l’Assessore all’Urbanistica tentando di giustificare, in consiglio comunale, l’ineluttabile disparità di trattamento.
Per far luce sull’ormai chiaro sistema discrezionale adottato dall’ufficio tecnico nel contestare la norma definita “distorta”, sono state inoltrate denunce alla Procura della Repubblica, ai Carabinieri e richiesti accessi agli atti. Ma il paradosso dei paradossi emerge a fine marzo, quando la stessa dirigente dell’Ufficio tecnico ufficializza a mezzo PEC, su precisa richiesta di un attivo consigliere della maggioranza, che ci sono almeno 200 permessi a costruire rilasciati negli ultimi cinque anni (si ipotizza che negli ultimi 11 anni siano quindi almeno il doppio), “corrotti” dal Piano Casa, contro i quali pare che poco si possa fare…
Al lettore, l’ardua sentenza!