Telecamere spiati in casa propria con l’hackeraggio dei sistemi di videosorveglianza ma anche dei babymonitor. Immagini vendute sul darkweb per 20 euro. Vendute anche diretta in tempo reale per 40 euro. La polizia postale arresta e indaca su 10 italiani e un ucraino.
Telecamere spiati negli ambienti privati: le indagini della polizia postale
Lo ha reso noto un indagine della Polizia Postale di Milano, in collaborazione con la Polizia di Roma. Sarebbero 11 gli indagati cui 10 giovani italiani e un 21enne ucraino. Sarebbero quest’ultimo la mente hacker dietro la manomissione da remoto delle telecamere private di alcuni cittadini italiani. Una vera e propria spycam neanche troppo difficile da manomettere. La Polizia postale aha avvertito che queste azioni sono sempre più frequenti ma soprattutto facili in quanto i possessori di queste telecamere non stanno mai davvero attenti alla sicurezza web. L’ideale sarebbe cambiare la password ogni paio di mesi. Alcuni invece lasciano la password di default che trovano già inserita al momento dell’acquisto.
Telecamere spiati in casa da almeno 3 anni: le immagini finiscono nel dark web
Si tratterebbe di un giro che durerebbe da almeno 3 anni. La Polizia Postale nel corso delle sue indagini ha ritrovato immagini e video privati in alcuni canali Telegram. A sconcertare in particolare e la tariffa richiesta per le immagini e l’enorme domanda per questi scatti rubati. L’acceso al canale e alle foto e video standard era di 20 euro. Con un sovrapprezzo di 40 si poteva inoltre accedere anche a dirette live. Il pagamento avveniva tramite PayPal o Bitcoin. Nella descrizione del gruppo venivano anche anticipati i luoghi che si potevano spiare. Da appartamenti a spiagge, piscine, camere d’hotel e bagni. Inoltre dalle indagini sarebbe anche emerso un circolo di pedopornografia. Tra le telecamere rubate ci sarebbero infatti anche dei babymonitor usati dai genitori per sorvegliare i figli. Immagini che sono finite nel dark web.
Telecamere spiati in casa e non solo: le indagini della Polizia
Il procuratore di Milano ha commentato in conferenza stampa la vicenda. “Si tratta di un fenomeno preoccupante e particolarmente diffuso. Questa è solo la punta di un iceberg. Usate sistemi di costruttori affidabili e non accessibili da app o pc esterni”. Gli 11 indagati erano tutti incensurati. Si indaga sulle loro azioni negli ultimi 3 anni e sul poter rintracciare i clienti che hanno acquisito foto e web in cambio di soldi.