Ucraina, l’incubo delle transgender: sono uomini e non possono scappare

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Ucraina transgender
Controlli alla frontiera ucriana, fonte EPA ph: Miguel A. Lopes

In Ucraina transgender bloccate alla frontiera: il dramma nascosto della guerra in Europa. Per lo Stato non sono riconosciute come donne e con l’introduzione della legge marziale gli uomini non possono lasciare il Paese. Secondo le organizzazioni mondiali, sono in centinaia le donne trans in pericolo. Tuttavia, la fuga verso i Paesi confinanti non garantisce la salvezza. Per l’intelligence americana la comunità LGBTQI+ è in forte pericolo.

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Guerra in Ucraina transgender in pericolo: per lo Stato non sono donne

ucraina transgenderLo scoppio del conflitto tra Russia e Ucraina ha sancito l’inizio di un orrore. Un incubo surrealista che ha colpito migliaia di persone. Intere città distrutte dai bombardamenti, intere vite cancellate. In molti provano a lasciare il Paese, in cerca di salvezza. Tra queste ci sono vite fantasma, invisibili e non riconosciute. Tra queste l’incubo delle donne transessuali che non riescono a valicare la frontiera. L’introduzione della legge marziale obbliga tutti gli uomini, tra i 18 e i 60 anni, a prestare servizio militare. Questo si applica anche, e purtroppo, alle persone trans. Una M sui documenti di identità che non riconosce ciò che dentro è racchiuso in un corpo. Donne intrappolate in un corpo che non riconoscono e non hanno voluto. Persone costrette a combattere una guerra che non avevano chiesto.

Olena Shevchenko, presidente di Insight, organizzazione LGBTQI+ ucraina, spiega “Tecnicamente, la legge si applica anche alle persone trans, inclusi uomini trans certificati e donne trans che non hanno cambiato i loro documenti. Ma sembra che le guardie di frontiera ucraine stiano impedendo anche alle donne trans con un certificato valido che riflette il loro nuovo genere di lasciare l’Ucraina, e nessuno sa perché”. Cambiare genere e nome sul passaporto, in Ucraina e in molti Stati, è un processo lunghissimo, dalla valutazione psichiatrica a interventi chirurgici irreversibili.

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La fuga in Moldavia e in Polonia non garantisce la salvezza

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Cosa sei?” è la domanda di apertura con cui iniziano le indagini corporali. Le testimonianze sono parecchie: Judis, intervistata dal Guardian; Remilla, Lilia, Vadim, ascoltate da Wired; Alisa, da Repubblica. La cantante Zii Famelu, ritrovata dai media. Tante le storie di donne trans fermate e non riconosciute. I loro corpi vengono indagati, toccati. Il seno, il pomo d’Adamo, genitali. Vengono guardate come animali da laboratorio, perquisite come criminali. Le uniche, poche, vi di fuga sono verso la Polonia e la Moldavia. Palanca, città di frontiera a confine tra Ucraina e Moldavia, ospita un centro di accoglienza e solidarietà per la comunità LGBTQI+ e in particolare le donne trans. Altro centro è Genderdoc, a Chișinău, un’associazione moldava di sostegno e tutela dei diritti arcobaleno. Lì le persone possono trovare un sostegno e cure. Farmaci e ormoni sono l’essenziale.

Intraprendere un percorso di transizione è un’operazione molto delicata per il corpo e per la psiche. Interrompere l’assunzione di ormoni potrebbe essere rischioso. Molte persone arrivano a sud di Odessa e da lì cercano la salvezza. In questi centri di accoglienza trovano riparo e medicinali, test per l’Hiv e cure psicologiche. Tante scappano attraverso il fiume, come Zii Famelu. Altre attraverso i boschi, altre, invece, sono costrette a restare. Rainbow Railboard, organizzazione internazionale per la tutela LGBTQI+, monitora la situazione. Kimahli Powell, direttore esecutivo, ha dichiarato: “Abbiamo creato un database di persone che sappiamo far parte della comunità in modo da poterle abbinare a persone che hanno bisogno di un rifugio sicuro“.

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Ucraina transgender: Il muro dell’Est Europa è il nuovo pericolo

ucraina transgenderVarcare la frontiera non vuol dire, strettamente, ritrovare la salvezza. Oltre la Moldavia, molti provano a scappare in Polonia, ma ciò non garantisce sicurezza. L’intero Est Europa resta fra i Paesi con maggiori restrizioni verso la comunità LGBTQI+. In Polonia, difatti, ci sono diverse “free lgbt zone“, dove sono vietate manifestazioni e propaganda a sostegno della comunità arcobaleno. Il nemico e invasore russo non è di certo una scelta da prendere in considerazione. La Russia è notoriamente riconosciuta per le leggi contro la propaganda omosessuale. In Ungheria, con Orban, si è registrato un aumento di repressione della comunità, con aumento di omobitransfobia. Lo stesso vale per la Bielorussia.

La stessa Ucraina non gode di una migliore posizione. L’arrivo alla presidenza di Zelensky prometteva un futuro migliore. Tuttavia, dopo poco tempo, dal Parlamento sono giunte forti leggi repressive in pieno stile russo. L’allarme maggiore viene lanciato dall’intelligence USA. Le autorità russe avrebbero stillato un programma di intimidazione e repressione. Omicidi e rapimenti, fino alla repressione, la detenzione e finanche metodi di tortura per alcuni bersagli. Nel mirino la comunità LGBTQI+ ucraina. Il pericolo, più che reale, vedrebbe aumentare non solo la discriminazione, ma anche la repressione e la violenza ai danni delle persone transessuali e LGBTQI+ tutte.

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